Nella giornata in cui viene nominato il Premio Nobel della letteratura, andiamo a esplorare Un pallido orizzonte di colline, l’esordio del Nobel Kazuo Ishiguro per Einaudi. Ishiguro nasce a Nagaski nel 1954 e si trasferisce con la famiglia in Inghilterra nel 1960.

Il suo primo libro racconta dell’importanza di guardarsi indietro e vedere la vita che si è vissuta, gli insoluti che ci si è lasciati alle spalle, Questo è quello che avviene a Etsuko, vedova giapponese trasferitasi in Inghilterra, per cui arriva il momento di raccontare la propria storia.

Il pensiero vola a Nagasaki, dopo la guerra, nel covo dei sopravvissuti.

Un pallido orizzonte di colline: la logica del rimpianto

Un pallido orizzonte di colline comincia con un evento tragico: la morte di una figlia. Si capisce fin da subito che Etsuko, la protagonista, ha due figlie e quella più grande è mancata relativamente da poco. Niki, la figlia minore, si reca alla casa di sua madre e lei inizia a raccontare di una persona che conosceva prima di trasferirsi in Inghilterra. Ripercorre, seguendo il filo della memoria, la vicenda di Sachiko, madre di una bambina che abitava vicino a lei. Etsuko si propone di badare alla figlia di Sachiko e così le due donne diventano amiche.

Da un evento presente, Ishiguro traccia i ricordi del passato del personaggio, in una storia nella storia che scorre in parallelo nei due tempi attraverso la bocca di Etsuko.

Il paesaggio, descritto con parole ricercate, evoca un sentimento di nostalgia malinconica e piacevole, come descrive Etsuko stessa nell’osservarlo:

“In quei giorni, tornare nel quartiere di Nakagawa mmi suscitava ancora un miscuglio di tristezza e di piacere. La zona è collinare, e inerpicarsi di nuovo quelle strade strette e ripete tra i grappoli di case finiva sempre con riempirmi di un profondo senso di abbandono.”

La nostalgia felice e infelice

Natsukashii, la “nostalgia felice”, è il motore della storia. Etsuko evoca ricordi malinconici, eppure a loro modo lieti nonostante il periodo storico che coincide con il lancio della bomba su Nagasaki nel 1945. Eppure, questo sentimento di natsukashii lascia spazio anche ai rimpianti e alla sofferenza: i vari personaggi del racconto sono persone comuni, di cui alcune riescono ad andare avanti, altre invece si trovano davanti a un futuro buio e oscuro e si lasciano trascinare nell’inedia e nella disperazione.

Attraverso le parole di Etsuko, Kazuo Ishiguro traccia un’epoca storica e i rimpianti che un dopoguerra intenso porta con sé. La particolare cura all’aspetto storico permette al lettore di essere coinvolto nella lettura ed entrare in sintonia con i personaggi e i sentimenti manifestati nel presente.

Interessante è anche il rapporto tra Etsuko e gli inglesi, popolo d’adozione.

“Gli inglesi sono affezionati all’idea che la nostra razza abbia una propensione per il suicidio, come se altra spiegazione fosse superflua; solo questo infatti riferirono, che Keiko era giapponese e che si era impiccata nella sua stanza.” 

Con una semplice frase, Ishiguro evidenzia in Un pallido orizzonte di colline, l’aspetto dei pregiudizi che intercorre tra i popoli e le figure mentali che si creano. Il suicidio della figlia di Etsuko, infatti, viene liquidato semplicemente con un riferimento alla nazionalità.

Un pallido orizzonte di colline è un romanzo complesso e intenso, sia per tematiche, sia per la completezza della narrazione. Non è indicato a chi si approccia per la prima volta alla letteratura giapponese, perché per goderselo a pieno è necessario avere già la forma mentis delle atmosfere e degli stili nipponici. Tuttavia, se si desidera comunque iniziare a conoscere Ishiguro dal suo esordio, non si resta delusi.

Elena Cavenaghi