Cinque racconti, cinque vite che si intrecciano e si dividono in un conflitto tra due generazioni: una priva di aspettativa di futuro, una proiettata verso di esso. Tutto ciò che poteva rompersi, l’esordio di David Valentini per Accento è un grido circolare in cui i protagonisti ricercano la propria indipendenza, la propria realtà: sia questa attraverso un viaggio, un nuovo amore, una riscoperta del sé.

Tutto ciò che poteva rompersi: due generazioni senza prospettive

I protagonisti delle lunghe storie di Tutto ciò che poteva rompersi sono tutti in cerca di un senso: a sé stessi, alla propria vita, al proprio immaginario che affoga in una contemporaneità inabile alla restituzione. Derubati di una prospettiva, con sogni infranti e una moltitudine di esperienze infruttuose, Ludovica, Nicola, Laura, Marco, Stefano, Anna, Michele, Riccardo e Sara sono costretti a ribaltare le proprie direzioni e a prendere strade impreviste.

I cinque racconti, legati tra loro da un arazzo di rimandi interni, tessono un quadro doloroso e contorto di una realtà priva di offerte, di sbocchi, di progetti.

Anche quando tutto appare perfetto, come in La ragazza dell’ultimo piano, si intravedono le crepe in una società che castra l’espressione, la fantasia, i sogni. Le frantuma, in un susseguirsi di problemi umani che affliggono le due generazioni con amori, amicizie, tradimenti e, soprattutto, scelte che determinano un nuovo incespicare, un rinnovato riproporsi a un mondo respingente, nella speranza di adattarsi. Di essere, solo, accettati.

Le aspettative disattese

I punti di svolta che generano un cambiamento e un reinventarsi continuo sono un lancio di dadi, un rilanciare le aspettative e le speranze del futuro. Eppure, ogni tiro porta a un ampliarsi delle crepe e delle fratture dell’anima e del presente. Il crepaccio che separa il passato dal futuro si amplia e si colma di rimpianti, di instabilità, di un precariato che prima di essere sociale e lavorativo è un precariato dello spirito, che vaga privo di certezze e punti saldi.

Sentimenti, bisogni e ideali, pur essendo simili a quelli delle generazioni precedenti, restano pregni di inadeguatezza. Conservano, dal passato, solo un bigottismo e una paura di perdita di rispettabilità interiorizzata che soffoca qualsiasi tentativo di vera emancipazione, di vivere una gioventù priva di muri portanti e fondamenta solide. La dispersione generazionale si realizza in un tentativo di ancorarsi a poche, instabili, radici di cui non si conosce la profondità, né l’estensione.

Tutto ciò che poteva rompersi mostra una realtà disgregata, ammuffita. Una generazione franata sul ciglio dell’incertezza, che deve ricostruire sé stessa e i propri valori dalle macerie, con una perseveranza che ha il sapore della sopravvivenza.

Tutto ciò che poteva rompersi: un esordio dinamico

Frasi brevi, molti dialoghi, un attenzione alla cultura pop che costituisce i mattoni di un’identità generazionale nata e forgiata su Friends. Lo stile di Valentini è secco, spigoloso, aguzzo come i suoi personaggi che urtano, scivolano, si graffiano verbalmente e fisicamente. La lingua è pregna di terminologie colloquiali, sfuggente a suo modo. Scivolosa e inconsistente, come una prospettiva di futuro che identifica sé stessa solo nel movimento a ogni costo, mai nell’obiettivo. Un esordio forte, che apre uno squarcio sofferente su un presente confuso e attuale.

Giulia Manzi