Il penultimo capitolo di Testa rossa segna l’apice della parabola narrativa. Arriviamo, in questo brano, alla sospirata risoluzione tra momenti di tensione, qualche lacrima e, perché no, qualche risata e sospiro di sollievo.

In questo, Testa rossa non si discosta dalla maggior parte della narrativa per ragazzi: i buoni vincono. Ma non perché sono buoni, bensì perché hanno scelto consapevolmente di non lasciarsi trascinare dall’odio e dal rancore.

Quello che ci insegna Manzi è che il bene può e deve essere una scelta, soprattutto nei momenti di maggiore difficoltà. Restare uniti, essere l’uno al fianco dell’altro, tendersi la mano a vicenda è l’unico modo per andare avanti in un mondo dove il male, l’odio e la guerra trionfano sempre. E che, per sconfiggerli, essi non vanno rinnegati, ma abbracciati: perché solo con un amore di contatto, come l’abbraccio, è possibile gettarli nelle profondità dell’animo e impedirne la risalita. Perché la volontà è più forte della paura che ci paralizza e il contatto umano, il rapporto tra noi, è la chiave per sconfiggere il dolore.