Soffio e pneuma
Pneuma, il soffio, è il principio vitale di ogni organismo. La scintilla che, iniettata in un corpo, dà movimento (e quindi vita) alla materia. La natura pneumatica, secondo le sette paoline, è quella che più avvicina alla gnosi, la conoscenza e la consapevolezza del divino.
Similmente, agisce il pneuma nell’opera di Giacomo Lopez per Moscabianca Edizioni, intitolata, non a caso, Soffio.
Giacomo Lopez raccoglie l’eredità del pensiero greco e lo trasla nella storia preadolescenziale del giovane Sebastiano, in un’affascinante fiaba moderna sul passaggio dall’infanzia all’età adulta.
Eppure, Soffio è molto di più di un romanzo di formazione sull’amicizia: è una riflessione filosofica sulla vita, sulla crescita e sul coraggio dell’esistenza e della sua fine. Nel procede con la lettura, è impossibile non riflettere su quanto sia lecito, potendo, arrogarsi il diritto di giocare con quegli stessi pneuma, di miscelarli, se questo costituisca un’evoluzione o un’involuzione, o, ancora, se in effettiva non ci sia “qualcosa”, in ogni essere vivente, che ci definisce rispetto a tutti gli altri; un’impronta unica di tutte quelle caratteristiche che ci rendono umani, rettili, ecc.
Soffio e voragini
Sebastiano ha dodici anni e due genitori che tramano rivoluzioni dal soggiorno di casa. Passa il tempo ad ascoltare le cassette del corso d’inglese regalate dalla nonna, a leggere fumetti e a chiedersi chi sia la misteriosa ragazza con la felpa nera che si affaccia tutti i giorni dal palazzo di fronte. Quando conosce Valerio, il figlio dei suoi vicini sopravvissuto per miracolo alla caduta in una voragine apertasi nella strada di casa, Sebastiano trova finalmente un amico, un complice, quasi un fratello. Ma in Valerio c’è qualcosa di strano, forse di prodigioso: qualche tempo dopo l’incidente, Sebastiano inizia ad avvertire presenze inquietanti nel palazzo…
Una voragine è quella che si apre sull’asfalto, davanti casa di Sebastiano. Uno squarcio opprimente, pericoloso, che incombe come una minaccia sulle vite del quartiere e che rammenta una finestra sul Tartaro. Questa “bocca dell’inferno” è però un passaggio, da cui Valerio esce illeso e con un dono: può, con l’ausilio di una cannuccia, sottrarre l’energia vitale agli organismi viventi e riporla in altri. Basta un soffio ed ecco che le piante riprendono vita, che gli uomini assumono comportamenti di lucertola, che si può – addirittura – ridar vita ai malati terminali.
La voragine, però, non è solo il luogo da cui proviene la magia della vita. Attraverso la forte contrapposizione tra l’amicizia inquietante con Valerio, che cerca di trascinare Sebastiano nel suo mondo distorto di esperimenti, e quella con la ragazza con la felpa nera, elemento che avvisa il protagonista del pericolo che corre nel giocare con le leggi della Natura, Soffio è un invito a resistere allo squarcio che generano in noi la mancanza e la prospettiva della perdita. Ad accettare che le disgrazie nella vita non vanno arginate, ma affrontate, accettate e infine scavalcate.
Andare oltre, con i dovuti ponti e supporti dati dagli affetti, nei momenti in cui la solitudine dà l’impressione di precipitare proprio in quella voragine spalancata, alla ricerca della soluzione più semplice che non è sempre la più giusta. Sta qui, nella scelta finale di Sebastiano tra l’usare il potere di Valerio in maniera egoistica o accettare che la morte fa parte della vita, il grande salto. Nel momento in cui si guarda nella fessura e ci si riconosce, ci si vede realmente per ciò che siamo e si impara ad accettare la propria identità in perenne formazione, si cresce. L’infanzia sfuma, si diviene consapevoli del bene e del male, della realtà che non è solo bianco o nero, ma ricca di sfumature.
E in un soffio, le nebbie si disperdono: “adesso è tutto nuovo, sempre”.
Giulia Manzi
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