Se i gatti scomparissero dal mondo, pubblicato in Italia da Einaudi, è l’esordio letterario di Genki Kawamura, noto regista giapponese.

Questo breve romanzo è caratterizzato da un’acuta ironia e da una dissacrante simpatia che non passano inosservate.
Si tratta di un piccolo gioiello contraddistinto da una leggerezza ornamentale, paragonabile al più delicato degli origami che ha la capacità di contenere innumerevoli riflessioni, ricordi e piacevoli immagini.

Il protagonista di questo romanzo è un postino, ha trent’anni e vive da solo. Ad attenderlo ogni giorno a casa c’è il suo gatto, dal bizzarro nome di Cavolo.
La vita scorre tranquilla tra le abitudini quotidiane e il lavoro, è un ragazzo normale, e ha un passato fatto di dolori familiari e incomprensioni tra parenti, come tutti.

Un giorno accusa un forte mal di testa che dura per ore, e poi per giorni, così dopo una visita medica gli viene diagnosticato un tumore, ha poco tempo da vivere ormai.

Ora sente la necessità di scrivere una lettera, che vale come testimonianza dei suoi ultimi giorni di vita, si rivolge ad un personaggio importante per il protagonista, con cui deve risolvere dei conflitti, ma è anche una lettera aperta, rivolta al lettore, con lo scopo di far riflettere su come cambierebbe il mondo a seguito di alcuni avvenimenti.
Una lettera in cui il protagonista si mette a nudo, mostrando le sue debolezze e le sue incertezze.

All’improvviso il protagonista si accorge di non essere solo in casa, infatti oltre al suo gatto, si trova davanti se stesso, o una figura che ha preso le sue sembianze; inizia così un dialogo fra i due personaggi e si scopre che questa creatura misteriosa è il Diavolo, che ha il potere di assumere le sembianze di come lo immagina la persona che lo vede.

Il diavolo (soprannominato Aloha) si presenta a casa del nostro protagonista in quanto vuole proporgli un accordo molto particolare: decidere di far scomparire qualcosa dal mondo in cambio di un giorno in più di vita.
Aloha non è il temibile personaggio, algido e crudele che siamo portati a pensare, è un amico, si comporta come tale, e diventa compagno di riflessioni e confessioni.

A cosa sei disposto a rinunciare?

Dopo interminabili valutazioni il protagonista decide quindi di accettare il patto e di scoprire cosa il Diavolo vuole far scomparire dalla terra:

“Il cioccolato?”
No, è troppo buono, e anche il Diavolo ha scoperto la sua golosità.
Bisogna cercare qualcos’altro…
“I telefoni!”

Non ero in grado di giudicare se fosse giusto, ma non avevo un attimo da perdere.
O i telefoni o la vita: ovvio che aveva la priorità la vita. La mia vita.

Ed ecco che i telefoni saranno un ricordo lontano, ma il Diavolo come da accordi concede di utilizzare per l’ultima volta l’oggetto prescelto prima di farlo sparire dal mondo.
Il nostro protagonista ha quindi il diritto di fare un’ultima telefonata, il destinatario della chiamata è un nuovo personaggio, che entrerà in scena più avanti, per ora gli viene comunicato l’orario e il luogo di un appuntamento.

Il secondo giorno è quindi caratterizzato dalla scomparsa dei telefoni. Il protagonista fa fatica ad abituarsi alla loro mancanza, perché essendo divenuti oggetti indispensabili rappresentano la nostra dipendenza, sebbene sia stato lui a determinare la loro eliminazione gli è quasi impossibile cercare non il telefono nelle tasche della giacca.

Così tra quotidianità e stupore per ciò che non c’è più il protagonista comincia la giornata, si prepara e si reca sul luogo dell’appuntamento.
Ma senza telefono non ha più la cognizione delle ore e quindi si rende conto di essere arrivato in anticipo.
Ciò che lo aspetta sarà un ritorno al passato.

Alla sera giunge il momento di scegliere quale altro oggetto eliminare dal mondo…

Così ogni giorno si ripropone lo stesso dilemma, e il protagonista attanagliano da profondi pensieri su che cosa comporterebbe l’eliminazione di questo o di quell’oggetto, si domanda se valga la pena aver preso parte a questo gioco.
È giusto sacrificare qualcosa in cambio di un solo giorno di vita, dando dimostrazione dell’egoismo più puro?

Genki Kawamura ci insegna a riflettere con quanta facilità utilizziamo alcuni oggetti fino a diventarne dipendenti. Il problema si pone perché ormai vi facciamo talmente affidamento che la loro eliminazione comporterebbe gravi danni al sistema.

E voi accettereste l’accordo?