La Commedia: 700 anni di attualità

Alla fine del ciclo degli articoli sul centenario dantesco, è opportuno fermarsi a riflettere su uno degli incipit più famosi della storia della letteratura italiana: “Nel mezzo del cammin di nostra vita” non è solo un modo di dire, bensì il simbolo di un testo che è stato espressione del suo tempo e che, da ben 700 anni, dimostra la sua continua attualità.

Attenzione: nel parlare di attualità della Commedia, non si vuole incasellare la portata di un’opera – emblema del Medioevo stesso – nei canoni odierni, né plasmarla con un’interpretazione anacronistica e priva di storicizzazione. Invece, parliamo di attualità della Commedia in quanto il poema dantesco rientra in quei prodotti della letteratura universali, in grado di comunicare e parlare alle generazioni successive.

La Commedia, da questo punto di vista, interpreta e oltrepassa il proprio tempo; si libera dalle catene del passato e si proietta nel nostro presente. L’umanità che la permea è, infatti, talmente viva e concreta da riuscire a toccare le corde dell’anima dei contemporanei.

Così, comincia: Nel mezzo del cammin di nostra vita, una vita che da quella del singolo (Dante) diviene universale (la moltitudine). Il percorso del Poeta diventa, da subito, anche il nostro: Nel mezzo del cammin di nostra vita. Della vita di tutti coloro che, per un motivo o per un altro, si perdono nella selva oscura.

L’universalità della Commedia

Se la Commedia è la summa delle conoscenze medioevali, perché noi uomini del XXI secolo dovremmo leggerla? Cos’è che affascina, che cattura di un’opera vecchia di 700 anni? Quale incantesimo lanciano le sue parole sugli sprovveduti lettori?

Dante è eterno, fuori dal tempo stesso e dai costumi. Pur descrivendo la sua epoca, le strutture medioevali sono solo un contorno, un accessorio per descrivere l’essenza dell’umanità. Francesca e Paolo, Farinata, Ulisse, Pier della Vigna, il conte Ugolino, Pia de’ Tolomei, Sapia Senese, Virgilio, Omero, San Bonaventura e tutto il vasto e vario carosello di personaggi che si susseguono nel poema raccontano di peccati e virtù intrinsecamente umani, che appartengono ai suoi contemporanei come a noi.

Nel portarli all’attenzione del lettore, Dante non si limita al giudizio morale, ma ne trascende l’essenza più pura; in un’opera di stampo teologico, dove i confini tra bianco e nero dovrebbero essere ben scanditi, il Sommo poeta tratteggia il grigiore dell’essere umano. Il dolore e il tormento di Paolo e Francesca sono sublimati da un amore a cui Dante stesso non resta indifferente; la santità di Pia è velata dalla tragedia della violenza; la redenzione di Sapia Senese, anima nel purgatorio, fa trasparire tutta l’invidia che l’ha scossa in vita.

L’umanità non muta. E penetrando a fondo in essa, Dante ne rimesta l’universalità, rendendosi ancora attuale, ancora poliedrico. Ancora – e probabilmente anche in futuro – vivo.

Alchimia poetica

Anche le numerosi traduzioni (in oltre sessanta lingue) dimostrano come la Commedia abbia attratto a sé i popoli più diversi, generando un dialogo interculturale sui grandi temi che accomunano la specie umana. Con un linguaggio e un intento comunicativo già nel XIV secolo – ricordiamo: la Commedia è scritta in volgare, non in latino, quindi Dante già si poneva a un pubblico non intellettuale, ma comunque istruito – il Sommo poeta decide volontariamente di parlare a tutti. E lo fa attraverso una poesia destinata a diventare immortale. Le parole divengono sprone, guida, mezzo per illuminare l’umanità sui valori fondamentali. Attraverso la funzione immaginativa del poema, Dante descrive il mondo e lo fa in maniera totalizzante e universale.

Il viaggio di Dante, la sua stessa transustanziazione che gli permette di travalicare i confini della Ragione (e quindi del conoscibile) per elevarsi a una conoscenza etica più alta (il divino), è identificativo di quel processo alchemico, che tanto farà parlare di sé nei secoli successivi, in cui l’uomo, attraverso la conoscenza, purifica e sublima sé stesso per giungere a un punto più alto della coscienza.

La trasformazione del piombo in oro non è altro che, infatti, il percorso intrapreso dall’alchimista per “pulire” la propria anima, grado dopo grado, fino alla sua raffinazione. Una sorta di percorso ascetico, trascendente, non dissimile dal viaggio intrapreso da Dante attraverso la Selva Oscura, l’Inferno, il Purgatorio e infine il Paradiso. Il Poeta utilizza così il linguaggio per elevarsi ed elevare il lettore a una coscienza più ampia, per narrare il tormentato cammino di riscatto dell’umanità, verso un cambiamento etico.

Mutamento che non è – però – solo filosofico, ma che affonda le sue radici all’interno della società. L’esaltazione delle virtù universali di pace, fratellanza, giustizia e accoglienza per Dante non sono flebili indicatori morali, bensì elementi necessari a strutturare un mondo nuovo. L’intera Commedia è un invito concreto al cambiamento spiriturale e politico.

Un invito al cambiamento: la fede nella cultura nella Commedia

Dante offre ancora oggi numerosi spunti chiave: dalla sua incredibile coerenza morale, tanto da scegliere l’esilio, alla concezione etico-politica che loda valori universali come libertà, responsabilità individuale, la pace, la dignità umana. Attraverso il linguaggio poetico, con la magia delle rime, Dante sprona il lettore a impegnarsi per civilizzare la realtà, tramite l’uso concreto della Ragione e della Fede, oggi interpretabile con un concetto più universale d’Amore. Quello stesso Amore che move il sole e l’altre stelle e che permette di superare gli egoismi, i particolarismi nazionali e le differenze tra i singoli.

Così, Dante condanna con lungimiranza le lotte fratricide, la brama di beni materiali, l’arroganza di chi non è pronto a mettersi in discussione: elementi che hanno continuato a perpetuare nei secoli e che, proprio nel Novecento, raggiungono il culmine con i conflitti mondiali e sconvolgono ancora oggi la vita dell’essere umano.

In questo elogio alla virtù, Dante non esclude mai il pensiero scientifico e razionale. Difatti è la Ragione, nei panni di Virgilio, a permettere di orientarsi e agire correttamente, ed è il linguaggio (che spandi di parlar sì largo fiume?) che consente di descrivere la realtà. Non per nulla, è Dio in persona a dare all’uomo il compito di nominare il creato, a conferire alla semplice natura umana il potere divino della descrizione della realtà che viene dal logos. Chiamato a seguire “virtude e canoscenza“, l’essere umano è in bilico tra il bene e il male, tra istinto e ragione, tra ignoranza e sapienza; questa sua dualità, lo porta a dover sempre compiere uno sforzo di volontà per restare in equilibrio e non sbilanciarsi. Un percorso sì di fede, ma soprattutto di fiducia nella capacità umana di vagliare, analizzare e interpretare la realtà.

La Commedia: un viaggio contemporaneo

Nel mezzo del cammin di nostra vita, quindi. Nel mezzo del cammino di noi tutti come umanità. Nel mezzo del percorso che ci fa tendere al divino. Nel mezzo di una katabasis attraverso i regni dell’oltretomba e l’immaginario, la filosofia, la scienza, l’umanità. Nel mezzo e nella discesa nell’animo umano, nell’affacciarci alla scala profonda dell’interiorità universale… nella Commedia, dove le parole diventano poesia, dove la poesia diventa logos e illumina gli aspetti più importanti e più superficiali di questa strana umanità: ciò che siamo, ciò che saremo, ciò che siamo stati, in un linguaggio che non parla alle nostre orecchie, ma al cuore. Che fa risuonare le corde più intime del nostro spirito all’unisono, riunendoci in un’armonia universale, pronta a diffondersi attraverso i secoli.

Giulia Manzi