Napoli, il ciondolare per le strade al ritmo della birra che gorgoglia nell’esofago, l’attesa passiva di un lavoro, cercato sì, ma con la certezza di non trovarlo. Perché i racconti si scrivono col freno a mano e i soldi stanno per finire. E quando finiranno, finirà anche il resto…

Napoli mon amour, l’esordio di Alessio Forgione pubblicato da NN Editore, presenta una città indolente, con molta voglia di indulgere nel suo passato, poca nel presente e nessuna di investire in un futuro incerto, a cui non pare realmente interessata.

Nelle sue strade afose, si muove Amoresano, in compagnia dell’amico fancazzista, Russo, e di un tumulo di pensieri foschi rivolti ad aspettative insoddisfatte sul futuro. La sua vita oscilla tra la nullafacenza, la scrittura incostante di racconti, le uscite e le partite del Napoli e lo studio per un concorso pubblico che pende sulla sua testa. Moderna spada di Damocle e camuffamento con cui il trentenne cerca di illudere i genitori – o forse se stesso – di star facendo qualcosa nella propria vita.

Ma per Amoresano non ne vale la pena. Specchio di una generazione i cui sogni paiono troppo lontani e defraudati e a cui la realtà proprio non va giù, il protagonista di Napoli mon amour ha dal principio la strada spianata verso l’inevitabile conclusione, un centesimo in meno alla volta.

L’inedia viene scossa dall’arrivo di Nina, un ultimo sprazzo d’amore, di desiderio di vita, a rappresentanza di una generazione che ha bisogno di sperare, di desiderare ancora qualcosa d’autentico e di stringerlo tra le dita.

In Napoli mon amour i trent’anni sono il confine tra la vita e la morte

Con una scrittura eterogenea, caratterizzata a tratti da una lucida spietatezza, in altri da un linguaggio rimembrante e onirico, e in altri ancora da immagini offuscate, come vecchie fotografie color seppia, Alessio Forgione riesce a catapultare il lettore in una Napoli brodosa e soffocante. L’esistenza priva di scampo del protagonista angoscia sin dalle prime righe, infestando i momenti più sereni. Come Amoresano, anche il lettore sa che non c’è niente da fare e che il tempo scivola, una birra dopo l’altra.

Approcciarsi a Napoli mon amour a trent’anni significa guardarsi allo specchio e prendere atto dei propri fallimenti, della vacuità della propria esistenza. Vuol dire farsi terrorizzare un po’ di più da quel numero che cresce, mentre il nostro conto nella banca della vita si prosciuga, un anno dopo l’altro. E alla fine del libro, hai due scelte: essere Nina, con la voglia di fare e di non dare soddisfazione a un’esistenza forse troppo complicata, o essere Amoresano e diventare blu.