“Settembre è il mese dei ripensamenti, sul tempo e sull’età”, afferma Guccini. E Settembre è il mese dove, per me, il tempo si arriccia su sé stesso e si prepara a schiudersi di nuovo. Come un’Orafiore che consente di sospendere il mondo attorno, prima di immergersi di nuovo nella frenesia dell’esistere.

Settembre è anche il mese in cui mi ritrovo a ripensare tanto al tempo. A quello sprecato, a quello andato, a quello investito e a quello dissipato e coltivato. Un tempo fatto di ricordi, di aspettative e di tanti attimi di presente.

Ne ho già parlato, del mio rapporto col tempo, nello speciale su Dante Alighieri: “Dante e il tempo“. Da lì, mi è venuta voglia di rileggere Momo, di Michael Ende (Longanesi) e sono rimasta stupita nello scoprire che si tratta di un esordio.

Momo, ovvero: L’arcana storia dei ladri di tempo e della bambina che restituì agli uomini il tempo trafugato

Momo è la storia di una bambina. Una bambina che appare dal nulla tra le rovine di un anfiteatro e che sa ascoltare. Lei regala il tempo che possiede agli altri e gli altri si abbeverano, gioiosi, a questa fonte.

Finché non arrivano i Signori Grigi, agenti della Cassa di Risparmio del Tempo che sottraggono con l’inganno il tempo agli uomini. Tocca a Momo, con l’aiuto di una tartaruga magica e di Mastro Hora, liberare il tempo e restituirlo agli uomini.

La trama di Momo è tutta qui: una storia semplice, una favola moderna sul valore del tempo, sulla sua natura e sull’importanza dell’ascolto.

Soprattutto, Momo è il segnale d’allarme di una società frenetica, perennemente in corsa. Tutti si affrettano, tutti corrono da una parte all’altra nel tentativo di accumulare attività, denaro, impegno… tutti vogliono risparmiare tempo, ma:

Nessuno si rendeva conto che, risparmiando tempo, in realtà risparmiava tutt’altro. Nessuno voleva ammettere che la sua vita diventava sempre più povera, sempre più monotona e sempre più fredda.

Se ne rendevano conto i bambini, invece, perché nessuno aveva più tempo per loro.

Ma il tempo è vita. E la vita risiede nel cuore. E quanto più ne risparmiavano, tanto meno ne avevano.

Non perdere il cuore

Mischiando i topos narrativi tipici della favola a un’attenta analisi della società moderna, Michael Ende esordisce con un libro che diventerà in breve un classico, ma la cui fama in Italia verrà oscurato dalla sua più celebre opera La Storia Infinita.

Eppure, per quanto Momo sia ben lontano dal monumentale romanzo che, grazie anche al fortunato adattamento cinematografico, lascerà il segno su più d’una generazione, non pecca di profondità e attenzione.

Lo stile evocativo, poi iconico, di Ende scivola in una narrazione tenera, dolce e commovente. Una storia in grado di far riflettere il lettore e che si deposita, nel cuore, con tenerezza materna.

Momo è il messaggio all’umanità di cominciare a rivalutare il proprio tempo in relazione all’altro; l’invito a ritrovare quel momento d’ascolto, di reciproca attenzione. Un’istigazione a comprendere che l’unica cosa che si risparmia, con la frenesia, con l’avidità, con l’egoismo, con l’indifferenza di una vita indaffarata, è il cuore. E quello nessuno può restituirlo.

Neanche Mastro Hora.

Giulia Manzi