La terza vita di Grange Copeland
Ogni autore è stato un esordiente. Ogni autore, anche il più osannato, completo e abile, ha avuto un inizio in cui si è confrontato con la pagina bianca. Pochi, su quella carta intonsa, sono riusciti a riversare da subito non il semplice inchiostro, ma la voce che avrebbe caratterizzato tutta la loro carriera di scrittori.
Il libro del mese di giugno 2021 appartiene a quelle voci: chiare, distinte, già pronte a essere gustate come un frutto non ancora del tutto maturo, ma appetibile. Un libro che è germogliato, cresciuto e maturato prima di essere offerto al pubblico e che, ora, ci è stato restituito da SUR Edizioni in una nuova veste e una nuova traduzione, a cura di Andreina Lombardi Bom: La terza vita di Grange Copeland, di Alice Walker.
La terza vita di Grange Copeland: un romanzo familiare e la violenza come eredità
Grange Copeland, mezzadro di colore dal carattere sanguigno e autodistruttivo, abbandona la contea di Baker, in Georgia, per andare in cerca di fortuna al Nord, lasciandosi indietro la moglie e il figlio Brownfield.
Quando, anni dopo, ritorna sconfitto sui suoi passi, le conseguenze delle sue scelte passate e del clima di violenza e indifferenza in cui ha cresciuto Brownfield si affacciano nella sua vita: il figlio, a sua volta sposato e con delle bambine, sfoga su di loro la frustrazione dell’abbandono paterno e della povertà. Lo scotto da pagare, per Grange, è vedere il ripetersi dei propri errori nella vita del figlio, in un ciclo di violenza che sembra non avere fine. Sarà il rapporto con la nipotina Ruth a indicare a Grange la strada per una redenzione e a restituirgli il rispetto di sé come uomo e come individuo.
La terza vita di Grange Copeland è così una saga familiare, che attraversa tre generazioni ruotanti attorno alla figura del capostipite Grange, ma che può risalire a molto prima nella genealogia dei Copeland.
Grange è, infatti, figlio di suo padre, che a sua volta è figlio del proprio e così via, generazione dopo generazione di vite oppresse, schiacciate e annichilite dalla povertà, dalla violenza e dalla sofferenza. Una coscienza collettiva degli uomini di colore, che si trasmettono col sangue e l’indifferenza il peso della schiavitù.
In questo carosello generazionale, però, il ciclo della violenza viene spezzato da Ruth Copeland, figlia di Brownfield e nipote di Grange. Una bambina, una ragazza, una donna che con la sola caratteristica di essere sé, riesce a restituire a Grange la dignità perduta.
Importante, la figura della madre di Ruth, Mem: una donna intelligente e indipendente, con un carattere d’acciaio, che viene sedotta e infine annichilita dal marito, incapace di scendere a patti con l’idea che lei possa essere migliore di lui. L’intera infanzia di Ruth e delle sorelle maggiori è, difatti, costellata da ricordi di abusi e violenze – psicologiche e fisiche – di Brownfield su Mem, il cui grande peccato consiste nell’essere superiore – intellettualmente, ma soprattutto moralmente – al suo uomo. Brownfield tenta, in continuazione, di trascinare la moglie al suo livello, nel fango, perché:
(…) sembrava che non riuscisse ad abbandonare il suo rancore nei confronti della moglie, che si era dimostrata più intelligente e con più spirito d’iniziativa, e si lamentava di tutto spesso e ad alta voce, assaporando in segreto il pensiero di come sua moglie avrebbe “calato le arie” quando l’avesse sistemata di nuovo in una baracca.
Il desiderio di distruzione, anzi di cancellazione di Brownfield si scontra con il tentativo di Grange di restituire alla nipote una vita degna, ripagando la violenza di cui è stato progenitore con l’amore.
Se il maschile, quindi, è erede della violenza generazionale, il femminile in La terza vita di Grange Copeland è il portatore della redenzione, delle svolte, dei cambiamenti, dell’intraprendenza. Questo non rende i personaggi di Alice Walker tutti delle figure positive: Josie, la vecchia matrona del bordello e zia di Mem, non è una persona onesta, ma è intraprendente, capace di perseguire un obiettivo, a differenza delle controparti maschili che si lasciano abbattere dalla società e dalla propria frustrazione generazionale.
La donna, quindi, è la miccia del cambiamento, sia passivamente, che attivamente.
“Eatonton è una cittadina violenta”
Afferma Alice Walker, nella post-fazione a La terza vita di Grange Copeland, nel descrivere la fonte d’ispirazione per uno degli episodi più brutali – e forte punto di svolta – del romanzo. Il brutale omicidio di Mem da parte del compagno e davanti alle figlie, segna infatti la chiave per il percorso di redenzione di Grange Copeland, la sua terza vita.
La condanna del figlio, diviene così momento di espiazione del padre per le colpe che hanno portato Brownfield, disturbato e cresciuto in un clima disfunzionale, alla condanna stessa. Il circolo della violenza si rompe grazie alla morte di Mem e al potere salvifico di Ruth: non viene trasmesso alle generazioni successive, difatti, ma si arrotola su sé stesso, passando da Grange a Brownfield e da quest’ultimo a Grange di nuovo, che lo lascerà disperdere per amore della nipote.
“L’anima che abbiamo dentro è nostra, ti pare?”, chiede Grange a Brownfield. E Grange ha trovato, a differenza del figlio, la risposta a questa domanda esistenziale, che esplicita il più grande possesso di un uomo (sé stesso): anche chi non ha nulla, come i Copeland, è proprietario della propria anima e quindi artefice della propria esistenza. Il circolo della violenza svela così il proprio nutrimento: frustrazione, odio per sé stessi, senso d’inutilità. Solo superandoli, solo rendendoci consapevoli del possesso della nostra anima e quindi con una presa di responsabilità delle proprie azioni, si ottiene la vera libertà, quella dei “sopravvissuti dell’anima“, come definisce Alice Walker i suoi protagonisti, Ruth e Grange.
Perché:
In una società nella quale tutto sembra sacrificabile, cosa rimane da tenersi stretto, da proteggere a ogni costo, da difendere a prezzo della propria vita?
Giulia Manzi
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