Il filo della storia: La ricamatrice di Winchester
Quando Chiara ha proposto La ricamatrice di Winchester, di Tracy Chevalier (edizioni Neri Pozza), come libro del mese, ho storto il naso.
L’estratto disponibile on-line non mi aveva convinta per nulla: mi sembrava un calco stilistico e concettuale di Jane Austen. Quando poi l’USA Today stesso afferma che la storia: «renderebbe orgogliosa Jane Austen», la mia attenzione scema completamente.
Perché? Perché la Austen è tra gli scrittori che meno apprezzo al mondo. La difficoltà che incontro nel leggere i suoi libri è pari a quella che affronterei nel cercare di trovare la domanda della risposta fondamentale dell’Universo, con buona pace di Douglas Adams. E se già non amo l’originale, come potrei trovare un po’ d’affetto per una copia sbiadita?
Quindi, il romanzo di Tracy Chevalier, ai miei poveri occhi ignari, aveva tutte le carte in regola per non piacermi e apparire come una perdita di tempo epocale.
Jane Austen esci da questo libro!
Per fortuna, prima di parlare di un libro, ho la “cattiva” abitudine di leggerlo tutto, anche solo per smontarlo pezzo per pezzo. L’ho fatto con Twilight, mi sarei permessa di farlo anche con La ricamatrice di Winchester. Così ho intrapreso la malvista lettura e, un po’ guardinghe e diffidenti, io e Violet Speedwell abbiamo cominciato a conoscerci.
Non è stato un approccio facile. Per più di metà libro, ho trovato il ritmo troppo lento. Le uniche parti che catturavano il mio interesse erano quelle sul ricamo e sulle campane, ma per il resto mi sentivo marinata nell’inedia della protagonista. Come lei si lascia trascinare, per buona parte del testo, dalle correnti, io mi sono lasciata trascinare dalla lettura senza essere coinvolta dallo scorrere della storia.
Poi, il miracolo! La svolta! Man mano che Violet acquisiva sicurezza, anche il ritmo si faceva più mordace, la trama avvincente. I personaggi secondari cominciavano a catturare il mio interesse. Ammetto di aver provato molta più simpatia per le vicende di Louisa, Gilda, Dorothy e la piccola Marjory, piuttosto che per Violet.
Insomma, se dovessi dare un parere onesto, La ricamatrice di Winchester è esattamente come un ricamo. Tracy Chevalier imbastisce punto dopo punto la storia di una donna inglese negli anni ’30, che lotta per la propria indipendenza. In questo percorso si trova, sola, a fronteggiare un mondo fatto dagli uomini e per gli uomini, ma soprattutto a riflettere sulla sua condizione di zitella.
Col tempo, trova il suo spazio in una dimensione – quella delle ricamatrici – tutta femminile. In questo gineceo, s’intrecciano amori, vicende e pettegolezzi che insegneranno a Violet a prendere di petto la propria esistenza e i propri dubbi.
Il risultato è un ottimo cuscino ricamato a regola d’arte, di cui all’inizio non cogli il disegno, ma che col procedere del lavoro mostra le molteplici sfumature dell’intreccio. Tuttavia, sebbene abbia apprezzato le abilità narrative di Chevalier, l’accurata ricerca storica – Louisa Pesel è stata davvero creatrice e ideatrice dei cuscini della Cattedrale di Winchester – e il finale coraggioso, non sono riuscita a sintonizzarmi del tutto con la storia.
Un femminismo di convenienza
Non fraintendetemi, La ricamatrice di Winchester è davvero un ottimo romanzo, stilisticamente elegante e capace di creare uno splendido drappeggio da rimirare. Intrattiene, permette di trascorrere qualche ora in piacevole compagnia, ma niente di più. Non ho trovato, al suo interno, la potenza pittorica de La ragazza con l’orecchino di perla, né la capacità evocativa di una Sarah Waters, che in Turno di notte ha saputo tratteggiare un’Inghilterra più reale, rispetto a quella patinata della Chevalier.
Insomma, l’impressione generale è che tutto sia troppo “pulito” e che anche le scene più forti e scandalose siano ammantate della paura di osare. La ricamatrice di Winchester risulta, quindi, un gradevole romanzo, ma la cui protagonista viene sopravvalutata nel suo ruolo di donna forte e indipendente. Un libro più adatto a ingraziarsi i pareri di chi non desidera una figura femminile realmente rivoluzionaria rispetto alla sua epoca, né una perfettamente aderente a essa, bensì preferisce adagiarsi in una “ribellione apparente”, che non rompe e non alimenta troppo il disequilibrio.
Non ho altro da aggiungere se non: per fortuna c’era Louisa Pesel.
Giulia Manzi
La mia proposta del libro del mese
Lo ammetto, ho proposto io La ricamatrice di Winchester.
In parte sono una che guarda ai numeri, non troppo eh, però sicuramente sono rimasta colpita da quelli che riguardano questo libro.
Più di millecinquecento recensioni su Goodreads, tanti pareri di chi ha già letto il romanzo messi a disposizione di chi invece lo deve ancora leggere.
Diverse centinaia di post sotto l’hashtag #laricamatricediwinchester si diffondono nel mondo di Instagram e creano quella galleria di immagini collettiva di cui ognuno di noi è partecipe.
E poi i pareri dei giornalisti, che elogiano la ricerca storica, lo stile di scrittura, o a volte criticano alcune scelte narrative.
Un libro a cui dare fiducia
Dunque il motivo per cui ho proposto questo romanzo come libro del mese parte sicuramente da una base di curiosità per il libro in sé, ma anche perché ne ho sentito parlare tanto e bene, e quindi per me questo era un libro a cui dare fiducia.
Non sono rimasta delusa dalla lettura de La ricamatrice di Winchester, anzi al contrario, ha appagato il mio interesse verso un periodo storico che trovo affascinante. E ho molto ammirato anche la notevole ricerca storica che l’autrice ha svolto, e che traspare in ogni parola accuratamente scelta.
Certo anche a me alcune parti sono apparse deboli, ma non così tanto da farmi odiare il romanzo.
Una storia affascinante
Siamo negli anni ’30, La prima guerra mondiale è terminata da poco più di dieci anni e ancora si sentono le mancanze che questa ha lasciato. In un Inghilterra che fatica a riprendersi le famiglie hanno perso figli, le mogli hanno perso mariti, e le ragazze hanno perso i fidanzati. Il risultato catastrofico è il bilancio e la disparità numerica tra donne e uomini. Sono tante, troppe le ragazze e le donne rimaste sole, in un paese cattolico che mette al centro dell’obbiettivo sociale il matrimonio.
Le donne rimaste sole vengono definite “Donne in eccedenza”, e la protagonista di questo romanzo è una di loro.
Ha perso il fratello e il fidanzato, per lei ormai non c’è un futuro roseo e il suo destino sembra essere ormai deciso. Violet è rimasta sola, quindi deve occuparsi della madre vedova e intenta a piangere la morte di un figlio caduto in guerra.
Il destino nel suo ago
Ma finalmente Violet Speedwell comprende che il destino è nelle sue mani, e solo lei può decidere del corso della propria vita. Per salvarsi decide quindi di partire. In una giornata affronta il distacco da una madre asfissiante e raggiunge la sua nuova vita.
Winchester sarà lo scenario nel quale la protagonista comincerà a vivere. Troverà presto un lavoro come dattilografa, e anche se a fatica raggiungerà la fine del mese: si sente finalmente libera e indipendente.
Un giorno entrerà per caso nella cattedrale di Winchester, e nel giro di pochi giorni si ritroverà con ago e imparaticcio in mano, intenta a realizzare cuscini per i fedeli della cattedrale.
Violet e la rivoluzione del suo destino
La rivoluzione sta quindi nel non piegarsi ad un destino deciso da altri, nel alzarsi e impegnarsi per migliorare la propria condizione nonostante le difficoltà personali e sociali.
Il resto della storia raccontata in questo libro è tutta da scoprire, ci sarà la voglia di impegnarsi per un nuovo amore, per nuove amicizie, che accompagneranno la protagonista nel percorso di una vita diversa, una vita che ha scelto.
L’arte del ricamo: che meraviglia!
Una cosa che ho sicuramente apprezzato di questo romanzo è la descrizione dell’arte del ricamo, io non mi sono mai approcciata a questa disciplina, né ho mai dimostrato interesse, ma grazie a questo libro ho potuto immaginare la bellezza degli elaborati ricamati.
Tracy Chevalier, con la sua sapiente maestria narrativa, mi ha catturata in un mondo sconosciuto fatto di tessuti: Canapa italiana, lino pregiato e poi i punti: punti croce, punto croce allungato, mezzo punto, punto riso, punto gobelin dritto e punto occhiello.
Chiara Orfini
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