“Chi mente è capace di tutto, tesoro, di tutto…”
La menzogna è sorella dell’omertà, con cui lavora in consorzio per tessere un’ampia rete di sotterfugi, inganni e verità celate. Si accompagnano e s’intrecciano, inesorabili, alla storia dell’uomo, condottiero o villano, coraggioso o vile, saggio o stolto che sia.
Il bisogno di nascondere, omettere, mentire per nascondere le verità scomode è il meccanismo di difesa più naturale dell’uomo per fronteggiare le proprie paure. Addirittura, è il fondamento stesso della società, in cui il trionfo della demagogia si associa alla necessità di creare – volontariamente o involontariamente – l’illusione del sé.
Così, la mendacità si accosta alla ricerca, costante e irrealizzabile, della propria identità. Ci narriamo, a noi stessi e agli altri, come vorremmo essere, per evitare il confronto con le piccole meschinità e i turbamenti dell’Io cui siamo soggetti.
In questa menzogna della narratività, si erge, ancora una volta, Magda Szabó. Una bugiarda esperta, navigata, in grado di dipingere e portare alla luce i conflitti interiori e sociali dell’animo umano. Nei suoi libri confluiscono verità storiche, personali e universali, appannate dall’illusione generata dalla sua scrittura.
La notte dell’uccisione del maiale (Edizioni Anfora), il secondo romanzo di Szabó, è l’esempio pratico di come l’intreccio di elementi reali e di elementi verosimili componga una bugia forte, potente, definita e inquadrata nella struttura narrativa di un romanzo che, a dispetto di tutto, dimostra come sia proprio l’omertà a intrecciare matasse di vita e generare condanne.
La notte dell’uccisione del maiale: una tragedia annunciata
1955, Ungheria. Un conto alla rovescia per la grande festa che vede l’uccisione del maiale più grasso. Due famiglie (i Tóth e i Kémery) simbolo della tragicità della condizione umana, vittime della Storia e complici di essa. Matrimoni falliti, legami corrosi dalla menzogna e dalla verità, una dimensione sociale che condanna i numerosi personaggi a rispondere davanti a una forza più grande di loro (quella, appunto, della Storia) delle proprie azioni… La notte dell’uccisione del maiale è un intreccio di vite, un racconto corale dalla forza sorprendente, in cui i flussi di coscienza innescano un processo d’identificazione e di coinvolgimento emotivo che pone il lettore davanti alla coscienza della propria dimensione umana.
Il filo conduttore della finzione è costante, attivo. Ogni personaggio ha qualcosa da nascondere (una relazione illecita, un fantasma del passato, un amore perduto), una verità con cui non vuole confrontarsi, o che vuole celare agli occhi degli altri. Questo reticolo di piccole e grandi bugie, di rapporti taciuti, s’intreccia inesorabile con la dimensione della tragedia, annunciata dalle prime note del romanzo, la cui catarsi si compie col dipanarsi dell’intreccio.
Il lettore non è, tuttavia, spettatore passivo delle vicende. Irrompe, invece, come un tifone nella vita dei personaggi e nella loro autonarrazione. Diviene osservatore intimo dei pensieri ed emozioni, anche di quelle più profonde, che albergano nella loro mente; meccanismo, questo, coadiuvato dalla scrittura mai edulcorata, mai banale e sempre camaleontica dell’autrice.
Apollineo e dionisiaco: la rinascita attraverso la morte
Si diventa, a questo modo, spettatori e attori della natura umana, delle sue meschinità, della sua forza e della sua molto più presente debolezza, in una catarsi della tragedia che ha il suo incipit nella figura del maiale in attesa della macellazione. Ed è questa attesa dell’uccisione, dell’atto di spezzare una vita, che sancisce lo scontro nietzschiano tra il dionisiaco e l’apollineo, la cui continua opposizione vede, stavolta, ergersi tronfio lo spirito baccante, la sublimazione finale del dolore nel dolore stesso.
La ricerca di ordine, di senso, di una stabilità umana intrapresa dai personaggi de La notte dell’uccisione del maiale, fallisce di fronte alle forze emotive e distruttive del caos. Nella morte, nel sacrificio, avviene l’abbandonarsi all’esistenza: una rinascita attraverso il sangue, come quando si viene al mondo, per restituirsi alla vita.
Giulia Manzi
Lo leggerò