Quanto può essere sconvolta la vita di una persona quando il gatto ci mette lo zampino? È quello che succede a Cloe, insegnante di storia dell’arte tornata nel piccolo paese di Vas per il funerale di sua nonna Clotilde: il suo soriano nero, Pablo, con una singola zampata mette in moto una serie di meccanismi che porteranno la protagonista sulla pista di un delitto risalente a cinquant’anni prima.

Tra storie d’amore, indagini e un umorismo degno di Bridget Jones, l’esordio di Sonia Sacrato, La mossa del gatto (Golem Edizioni, aprile 2019), trascina il lettore nel cuore della vicenda e lo tiene incollato fino all’ultima pagina. Un’opera prima ammirevole e matura, in cui le componenti umane s’intrecciano con la costante ricerca nel passato e con la vita lenta e omertosa dei piccoli centri, dove tutti vedono, tutti sanno, ma nessuno ha il coraggio di parlare e gli avvenimenti si coprono della polvere del tempo.

Il tempo stesso è uno dei protagonisti del romanzo. Un tempo umido, corrosivo di persone e oggetti, le cui interconnessioni tra passato e presente costituiscono un richiamo troppo forte per la curiosità di Cloe, pronta a cogliere l’occasione del ritrovamento inaspettato dell’arma di un delitto caduto in prescrizione per non dover affrontare il subbuglio emotivo della sua vita privata.

È questa personalizzazione della detective a sconvolgere l’apparato narrativo di un giallo altrimenti classico. Ben lontana dalle capacità deduttive di un Holmes, di un Poirot e di un Maigret, Cloe non usa se stessa per risolvere il caso, ma è il mettersi in moto dell’indagine a spingerla a fare chiarezza sulla propria vita e giungere a patti con i fantasmi del passato.

Il genere giallo diviene il pretesto per la creazione di un romanzo intimista, pronto a scavare nella quotidianità dell’uomo e nei suoi piccoli rancori, paure e vendette. Attraverso gli occhi di Cloe e lo stile caustico di Sonia Sacrato, il lettore viene guidato attraverso una rete di legami che affondano le loro radici in un tempo ormai trascorso, ma i cui strascichi continuano a gettare ombre su un presente confuso e spaventoso.

La paura è tangibile in tutto il libro ma, lungi da riferisci ad aspetti macabri della narrazione, è un timore conosciuto, universale e, per questo, ancora più terribile e angosciante: quello del futuro, di non possedere più tempo da investire in rapporti sterili, di non potersi concedere più colpi di testa e “accontentarsi” di ciò che si ha.

Così la risata di Cloe, la sua ironia e il sarcasmo dietro cui si protegge dalle sue paure, suona amara. Non dona calore, né spensieratezza e il lettore, nel ridere con lei alle sue battute, riconosce situazioni familiari, pensieri e reazioni note perché proprie; il processo d’identificazione è totale e accentuato da una scansione dei dialoghi magistrale, fluida e in grado di portare a pensare: «Anche io avrei risposto così».

Sonia Sacrato scrive di una vita comune che si trova a fare qualcosa di eccezionale, non perché grandioso (la risoluzione di un delitto in una piccola cittadina, a cinquant’anni di distanza dal fatto, non costituisce più un interesse sensazionale per l’opinione pubblica), ma perché scappa da se stessa, si perde e si ritrova attraverso i ricordi degli altri. Un esordio forte, spiritoso e maturo di una scrittrice che ha già ricevuto considerazioni positive dalla critica (quinto posto assoluto al Premio Nazionale Montefiore; menzione della giuria a Giallo Garda; finalista a Garfagnana in Giallo) e che costituisce una promessa da tenere d’occhio nel panorama della giallistica italiana contemporanea.