Si può avere nostalgia di un luogo dove non si è mai stati? Alla protagonista di Isola (Iperborea), esordio di Siri Ranva Hjelm Jacobsen, quella malinconia scorre nel sangue e la guida, in un reticolo di correnti venose, verso un’isola delle Faroe, di cui la sua famiglia è originaria.

La morte di Marita, sua nonna, la spinge a recarsi a Suðuroy, dove abita il resto dei parenti. Ma l’isola non è accogliente: tutto – l’accento, i modi di fare, perfino la lingua – la classifica come “straniera” ai suoi stessi familiari. Eppure, la giovane protagonista è cresciuta nel ricordo delle Faroe, delle lande verdi, della centrale elettrica che si affaccia su speroni rocciosi, della roccia della huldra sotto cui vive la ninfa e che porta sfortuna se cerchi di spostarla…

Suðuroy è la terra da dove omma è fuggita alla ricerca della modernità e che vive nei rimpianti di nonno Fritz, pescatore dell’Artico, trasferitosi in Danimarca per dare un destino migliore alla sua Marita, ma è anche l’isola dove le onde cantano sulla battigia, dove il vento nordico sferza i capelli e schiaffeggia i volti delle donne, arrossandone le gote e dove i racconti divengono leggenda.

È attraverso la memoria di frammenti d’episodi tratti dalle nebulose e nostalgiche parole del nonno, abbi, e dai rari momenti di malinconia di Marita, che scatta l’urgenza di riappropriarsi di un passato mai vissuto.

In Isola, il passato e il presente sono cristallizzati nello stesso attimo

Il lettore viene guidato, grazie alla prosa puntuale e travolgente di Siri Ranva Hjelm Jacobsen, attraverso cumuli di ricordi: il viaggio di omma, il cui desiderio di una vita nuova l’ha spinta ad abortire il frutto della relazione clandestina, da sola su una nave, con un vestito a fiori e il sangue tra le cosce; i rimpianti di abbi, in cui la nostalgia è più forte che mai, ma che non tornerà a Suðuroy e non toccherà con mano la sua centrale elettrica; le rimembranze della madre, col sangue delle Faroe ma con lo spirito danese… E infine lei, la protagonista/scrittrice che, con forti note autobiografiche, racconta la liquidità del proprio sangue, il suo sentirsi annacquata e appartenente a due mondi che convivono nei suoi geni.

In un susseguirsi di vicende storiche – le lotte per l’indipendenza, la Seconda Guerra Mondiale, la Guerra Fredda… – le emozioni travolgono il lettore, trasmettendogli il bisogno viscerale di ritrovare sé stessi e il proprio spazio nel mondo, in una folle corsa di ritorno alle origini che ricorda Acqua Salata di Jessica Andrews, ma priva della frenesia di quest’ultima. Isola è un romanzo quieto, in cui la potenza delle immagini crea una sospensione del tempo e dello spazio. Ogni frammento è perfettamente cristallizzato nel panorama delle Faroe, luoghi in cui il tempo sembra essersi fermato e l’odore di iodio perverte l’aria ghiacciata.

Un libro da leggere in viaggio, mentre l’aereo fende le nubi e ti trasporta in quelle isole che sembrano profumare di casa.