Contro la stupidità neanche gli dei possono nulla
Come nasce una passione? Alle volte nei modi più impensati. Il mio amore per la fantascienza affonda in quel primo libro di Asimov – Io, robot – che mio padre mi diede da leggere nel 1994. Eppure, nonostante il mio amore per il caro e vecchio Isaac, ho il terrore verso tutto ciò che riguarda lo spazio.
Ma la fantascienza… eh! La fantascienza, amici miei, è un’altra cosa. Qualcosa che esula da alieni, viaggi interstellari, guerre stellari (a proposito, domani è lo Star Wars Day, non dimentichiamolo!). Somiglia più a una fede, che a un genere, perché tutto il suo funzionamento si basa sul tentativo di rispondere a un’unica domanda: cosa succede dopo?
La nascita di una passione
Ma per scoprire il futuro, bisogna partire dall’inizio. Per la precisione dalla nascita di una passione in un bambino i cui genitori gestivano un emporio a Brooklyn…
Mio padre pensava che il genere di pubblicazioni vendute, per lo più stampa popolare, fossero “spazzatura” e così non mi permetteva di leggerle. Ma tra tutte la fantascienza faceva eccezione. Mio padre, vede non parlava o leggeva molto bene l’inglese per cui sono sicuro che per lui la “fantascienza” avesse qualcosa a che vedere con la scienza e che dunque potesse essere una buona lettura per me.
Così a nove anni cominciai a leggere fantascienza e successivamente ne diventai così appassionato che raggiunti i diciassette anni cominciai a scriverne per conto mio. I miei primi lavori furono respinti dagli editori ma, dopo parecchi mesi di tentativi riuscii a vendere i miei primi racconti. Non mi immaginavo che uno potesse guadagnarsi da vivere scrivendo fantascienza, perciò nel frattempo finii le scuole superiori, mi iscrissi all’università alla facoltà di biochimica e così alla fine diventai anche un vero scienziato. Mi sono anche sposato, ho avuto due figli, ho fatto il servizio militare e tutto senza mai smettere di scrivere fantascienza.
[Estratto da: Pat Stone, “Mother Earth News” n.65 sett/ott 1980, intervista ad Isaac Asimov. Traduzione e adattamento di Andrea Ghirardi. Intervista completa su: isaacasimov.it]
“Scienza”, non solo “fanta“
Relegata per molti anni a genere di consumo, o letteratura da “ombrellone”, Asimov fu il primo a considerare la fantascienza più di un semplice genere: l’arricchì, infatti, di una nota che i suoi illustri predecessori avevano ignorato: la plausibilità scientifica.
Tutta la produzione sci-fi del Padre della Fantascienza, dal Ciclo dei robot a quello della Fondazione, da Lucky Starr ai romanzi singoli, presenta una componente iperrealistica. Storia, filosofia e lo straordinario progresso tecnologico del Novecento si miscelano in un costante interrogativo sulle grandi domande esistenziali.
E così, partendo da assiomi scientifici senza pretese di assolutismo (una delle convinzioni asimoviane è relativa alla fallacità della scienza e alla necessità di continuare a contrapporre dubbi e domande alle certezze dogmatiche), Asimov rinnova la fantascienza dalle fondamenta. La social science fiction permette all’autore di stipulare un patto d’incredulità col lettore di rara forza, con cui porta a riflettere sulla realtà del suo tempo.
Penso che la fantascienza sia l’unica branca letteraria di rilievo che tratta di come gli esseri umani reagiscono ad ogni cambiamento significativo del livello di scienza e tecnologia nella società. E’ una letteratura che punta al cuore dei nostri tempi, perché mai come ora nella storia il nostro mondo sta cambiando velocemente.
[Estratto da: Pat Stone, “Mother Earth News” n.65 sett/ott 1980, intervista ad Isaac Asimov. Traduzione e adattamento di Andrea Ghirardi. Intervista completa su: isaacasimov.it]
Afferma Asimov. E in effetti anche nelle sue leggi più famose, le Leggi della robotica, è facile ritrovarvi quello che dovrebbe essere il corretto comportamento di un bravo essere umano.

- Gli esseri umani non arrecano, normalmente, danno ad altri esseri umani e sono portati a intervenire se un altro essere umano rischia di subire danno (per esempio: durante un incidente).
- Gli esseri umani obbediscono alle leggi dello Stato in cui vivono, a patto che non entrino in contrasto con il principio etico sopra citato.
- Un essere umano ha l’istinto di autoconservazione.
Neanche gli dei
L’incredibile umanità della produzione asimoviana l’ha portata a essere molto più scienza e sempre meno fanta. Anche i mondi da lui stesso creati rispondono ai principi per cui, in uno stesso Universo valgono per tutti le stesse leggi della fisica. Così, è difficile trovare nelle opere di Asimov la presenza di razze aliene, con la splendida e matura eccezione di Neanche gli dei, in cui lo scrittore arriva a ipotizzare una specie appartenente a un’altra dimensione (e quindi non rispondente alle nostre leggi fisiche).
Fantascienza, ma come specchio della realtà, come prospettiva del futuro. Una proiezione dell’uomo nello spazio e nell’universo, tanto che il Ciclo della Fondazione è apertamente ispirato alla storia dell’Impero Romano (giusto per fare un esempio), mentre la psicostoria di Hari Seldon, da cui parte la storia, è un’accuratissima citazione alle scienze statistiche.
Insomma, il padre della fantascienza aveva delle idee molto precise, ma soprattutto:
Credo fermamente che al di fuori della fantascienza, nessun altro genere letterario abbia la forza di convincere la gente dell’inevitabilità dei cambiamenti. Quando qualcuno legge fantascienza, lui o lei per forza deve accettare che il futuro (almeno nel libro) sarà differente.
[Estratto da: Pat Stone, “Mother Earth News” n.65 sett/ott 1980, intervista ad Isaac Asimov. Traduzione e adattamento di Andrea Ghirardi. Intervista completa su: isaacasimov.it]
Vorrei lasciare a conclusione le parole di Asimov, ma userò qualche riga per annunciarvi che sul nostro Instagram partirà l’iniziativa #maggiospaziale, ovvero un mese quasi interamente dedicato alla fantascienza.
Dallo spazio, per il momento, è tutto.
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