Almost in the beginning was curiosity

Bentornati all’appuntamento con lo speciale dedicato al centenario di Isaac Asimov (se vi siete persi l’introduzione potete recuperarla qui), stavolta incentrato sulla sua opera di divulgazione. È slittato di una settimana a causa delle pubblicazioni dedicate alla Giornata internazionale della donna e all’uscita del secondo numero di Pretesto. Se non lo avete ancora letto, andate a scaricarlo, ché ci abbiamo inserito alcuni racconti inediti (e perché passo giorni a impaginarlo, quindi datemela un po’ di soddisfazione, su!).

In questi giorni chiusi in casa abbiamo a disposizione un tempo dilatato. Le ore, i minuti e perfino i secondi sembrano trascorrere più lentamente e le giornate diventano sempre più difficili da riempire. Ci si ingegna, si riscoprono piaceri dimenticati, e si apprende qualcosa di nuovo. Ci si tuffa verso l’ignoto, perché l’unica cura verso la noia è la curiosità.

Ed ecco che ci viene incontro Isaac Asimov, nel parlarci di questo formicolio che scuote tutto il nostro essere quando ci troviamo di fronte alla possibilità di comprendere un fenomeno inspiegabile. Nella sua intervista con Bill Moyers per il programma Un mondo di idee, lo scrittore risponde alla domanda: «Cosa c’è di tanto emozionante [nell’apprendimento]?» a questo modo:

Penso che sia il vero processo di ampliamento di te stesso, di sapere che ora c’è un piccolo aspetto in più dell’universo che conosci e puoi pensare e capire.

Mi sembra che quando verrà il momento di morire, ci sarà un certo piacere nel pensare che tu abbia utilizzato bene la tua vita, imparato il più possibile, riunito il più possibile nell’universo, e goduto. C’è solo questo universo e solo questa vita per cercare di afferrarlo. E mentre è inconcepibile che chiunque possa coglierne più di una piccola parte, almeno tu puoi fare così tanto. Che tragedia dover passare oltre e non ricavarne nulla.

[Traduzione di Francesco Vissani, che consigliamo di seguire anche nell’iniziativa del Premio Asimov per l’editoria divulgativa]

Non potete non amarlo con quelle basette alla Scrooge McDuck.

L’apprendimento è, per Asimov, il fine ultimo dell’esistenza. In pratica: il senso della vita è la ricerca stessa di senso. D’altronde: Almost in the beginning was curiosity, «In principio era la curiosità», afferma lo scrittore nell’incipit dell’Intelligent Man’s Guide to Science (Il libro di fisica, grazie a cui ottenni la mia prima sufficienza in materia). E continua: «l’avventura entrò nel mondo», proprio grazie alla curiosità, che sostituisce il Verbo nella Genesi della scienza secondo Asimov.

In principio era la Curiosità

Per cui: «In principio era la curiosità», assioma imprescindibile per cominciare l’avventura della scoperta, dell’interrogarsi sempre e a ogni costo sul mondo che ci circonda. In principio, fu la domanda: «Perché?» e da lì nacque la filosofia e, con essa, la scienza.

E per nutrire questa curiosità, per stimolare il dubbio e l’interrogarsi, Isaac Asimov approda alla divulgazione scientifica. L’obiettivo? Fornire gli strumenti all’uomo moderno per capire la scienza, il progresso che in qualche modo corre più veloce di lui e, così, comprendere il mondo, perché:

«Nessuno può sentirsi veramente a proprio agio nel mondo moderno e valutare la natura dei suoi problemi, e le possibili soluzioni degli stessi, se non ha un’idea esatta di cosa faccia la scienza»

«La divulgazione può essere una grande avventura»

L’avventura di Isaac Asimov nella divulgazione scientifica comincia negli anni ’50, quando ormai, assieme ad Arthur C. Clarke e Robert A. Heinlein, si è affermato come uno dei Tre Grandi della fantascienza. Da quel momento, si dedicò in modo esclusivo, per circa quindici anni, alla pura divulgazione.

Oh, indovinate chi sta facendo uscire la raccolta completa di Arthur C. Clarke? Esatto. Dite che accettano pagamenti in reni o preferiscono la milza? Il mio cuore se lo sono già preso.

Come la maggior parte delle storie che riguardano l’eccentrico scrittore, anche il suo inizio come divulgatore ha del paradossale. Nella sua lunga carriera accademica, pare incontrasse molte difficoltà nel riuscire a stendere delle pubblicazioni scientifiche. Per contro, riusciva a inventarsene di fittizie e venderle alla rivista di fantascienza Astounding come racconti, ottenendo il biasimo della comunità scientifica.

Fu nel 1951 che il suo mentore a Boston, Bill Boyd, lo coinvolse nella stesura di un libro di testo sulla biochimica assieme ad altri due co-autori. Per quanto il risultato di Biochemistry and Human Methabolism non fu gradito da Asimov, l’esperienza della saggistica lo affascinò e lo divertì. Questo, anche in seguito all’esperienza di scrittura – su spinta dello stesso Boyd – di un libro didattico sulla biochimica per ragazzi, The Chemicals of Life, grazie a cui scoprì che scrivere opere di divulgazione gli permetteva di lavorare su più testi contemporaneamente e soddisfare, così, la sua grafomania.

In preda alla voglia di gettarsi nella saggistica, decise di scrivere un articolo per il Journal che però fu rifiutato. In quel momento, avvenne la magia: l’articolo, L’emoglobina e l’universo, non trovò spazio sulla testata giornalistica, bensì fu acquistato da John Campbell, il direttore di Astounding che già pubblicava i racconti di Isaac Asimov, per la rubrica scientifica presente sulla rivista. In una circolarità di paradossi, la carriera di divulgatore di Asimov cominciò proprio dove era decollata quella di scrittore.

L’apprendimento non è qualcosa che puoi concludere.

La divulgazione come missione

Ben presto, per la precisione nel 1958, a tre anni dalla pubblicazione dell’articolo su Astounding, l’interesse per la saggistica esplose del tutto e Asimov decise di abbandonare le scene letterarie dopo la pubblicazione de L’ultimo nato per dedicarsi esclusivamente alla divulgazione. Per lui, non solo «prendeva meno tempo, era più facile, e molto più divertente che scrivere un pezzo di fantascienza della stessa lunghezza», ma gli consentiva di portare la scienza al grande pubblico. La divulgazione con un linguaggio semplice, accattivante, ma rigoroso, diveniva il mezzo per cambiare il mondo e allontanare l’essere umano dalle superstizioni.

Una missione sociale, quindi, prima ancora che personale. In breve tempo, sotto la spinta dell’editor di Basic Books, Leon Svirsky, raggiunse la fama anche come divulgatore. Su richiesta, scrive una summa della scienza del ventesimo secolo accessibile a tutti: The Intelligent Man’s Guide vede la luce nel 1960 e viene candidata al National Book Award.

Nessun emissario verso il mondo non-scientifico ha avuto più successo di un biochimico dotato di grande eloquenza di nome Isaac Asimov – Time

I riconoscimenti non mancano: nel 1967 la rivista Time dedica un lungo approfondimento alle sue opere divulgative. Sulle pagine della rivista, viene definito Il traduttore, in quanto in grado di “tradurre” le complessità scientifiche a chi non ne possedeva il linguaggio.

Nel frattempo, Asimov aveva espanso i suoi interessi alla teologia e alla storia. Per quest’ultima, la Houghton Mifflin gli chiese di scrivere una collana di storia per ragazzi, ma i gusti storici di Asimov, che conservava una certa narratività nella gestione dei fatti, e l’ingenuità dell’approccio, non incontrarono il gusto del pubblico.

La quantità di materiale raccolto, servì comunque all’interno della Asimov’s Chronology of Science and Discovery, in cui gli approfondimenti su scoperte e invenzioni vengono affiancati da lunghe annotazioni storiche, dal taglio ironico e colloquiale.

Il divertimento della divulgazione

Elencare tutte le opere divulgative di Asimov non è un’impresa, quanto terribilmente noioso. Per rispetto all’autore stesso, non lo faremo: il divertimento, per Asimov, è sempre stata la benzina dell’apprendimento e di quella curiosità che troviamo citata come principio primo in In principio, un’analisi del libro della Genesi alla luce delle conoscenze scientifiche.

La particolarità della sua divulgazione è effettivamente questa: è divertente, di un divertimento che accoglie il lettore e lo fa sentire a casa. La saggistica asimoviana scende dal piedistallo per incontrare i neofiti e farsi una chiacchierata con loro, faccia a faccia. Così, troviamo una scienza in itinere, focalizzata sul metodo e non sulle nozioni, sui dubbi e non sulle certezze.

Asimov riesce a essere divulgatore e docente, applicando un principio pedagogico basilare dell’apprendimento: ciò che non diverte, non si impara. O, più volgarmente: «Studia solo ciò che gli pare». La genialità di Asimov non sta tanto nelle sue conoscenze, nella sua poderosa memoria, o nella capacità di creare mondi dal nulla, bensì si racchiude nella punta della sua penna, nell’abilità di mettersi nei panni di chi non sa e condurlo assieme a sé alla scoperta del sapere.

Un «eterno studente», per scomodare Guccini, il cui immenso ego si mitigava soltanto di fronte alla meraviglia della scoperta e alla possibilità di trovare, dopo un interrogativo, un’altra domanda da porsi.