Un uomo, quando arriva a quarant’anni, deve scrivere la storia della sua vita

Eladio Linacero, protagonista de Il pozzo di Juan Carlos Onetti (SUR Edizioni), annuncia così l’intenzione di scrivere le sue memorie. Quarant’anni racchiusi in appena altrettante pagine, attraverso cui l’autore ci mostra una vita intera o meglio: “le cose interessanti” di un’esistenza.

Questi eventi, queste “cose interessanti”, coprono un arco che va dall’adolescenza ai quarant’anni, traguardo e arrivo di una maturità inconsistente, carica di impietoso disgusto verso l’umanità e le sue miserie e di un rancore, ancora più assolutistico, per l’esistenza.

Tutto mi disgusta, capisce? La gente, la vita, i versi col colletto inamidato. Mi butto in un angolo e mi immagino queste cose. Roba così e porcate, tutte le notti.

Ritroviamo, in questa amara affermazione, la forza rivoluzionaria della scrittura onettiana nel suo germe; l’occhio lucido dell’autore nell’analizzare con cinico realismo la realtà e, al tempo stesso, di filtrarla attraverso il velo dell’immaginazione.

C’è crudezza, in Il pozzo. Una rabbia profonda che scuote e divora le fondamenta della vita di Eladio Linacero, coadiuvata a un distacco emotivo dal sapore dell’irrealtà.

È sempre l’assurda abitudine di dare più importanza alle persone che ai sentimenti. Non trovo altre parole. Intendo dire: più importanza allo strumento che alla musica.

Afferma, avvicendandosi tra le pagine del romanzo breve. Eladio non ricerca esseri umani a cui rivolgere i propri affetti, ma quest’ultimi; il distacco col reale è ciò che lo porta a considerare le persone come strumenti adatti a suscitare l’emozione; il mezzo per raggiungere il fine del sentimento.

Così, in un percorso avvicendato tra prostitute, barche “come chiatte”, situazioni al limite della violenza e continuamente sospeso tra bruttura e bellezza, la conclusione giunge amara in un’invocazione di fede. Non a Dio, altro mezzo, ma al sentimento stesso della fides, che ancora gli è estraneo, alieno.

Il pozzo si configura, a questo modo, come metafora della mezza età; un bilancio della vita che non si può effettuare senza immergersi nel proprio abisso interiore. Il problema, per Eladio, per Onetti, per noi lettori, consiste in ciò che troviamo sul fondo; i residui, infatti, si aggrovigliano in un humus che può essere meraviglioso o terrificante, carico di meraviglie o di rimpianti. E sarà da quel terriccio di detriti del passato che nascerà l’Io del noi dopo i quarant’anni: persone nuove, o personaggi limacciosi, confusi, “senza più forze per aspettare il corpo umido della ragazza nella vecchia capanna di tronchi“.

Il pozzo e la collana dedicata a Juan Carlos Onetti

Da segnalare, in conclusione di questa nostra breve analisi, l’impegno da parte della casa editrice SUR nel riportare la voce di un autore che ha fatto la storia della letteratura sudamericana.

Nel 2021 è stata inaugurata, infatti, un’intera collana dedicata a Juan Carlos Onetti, con postfazioni ad opera di grandi autori italiani come Sandro Veronesi (La vita breve) e Edoardo Albinati (Il cantiere).

Un’opportunità per riscoprire questo straordinario scrittore.