Hunger Games, seguito da La ragazza di fuoco e Il canto della rivolta, è l’esordio di Suzanne Collins,  trilogia pubblicata da Mondadori a cui fa seguito un prequel: Ballata dell’usignolo e del serpente. Dal suo nascere, grazie anche al successo dell’adattamento cinematografico, la saga Hunger Games è diventata un fenomeno globale, capace di influire sull’approccio alla lettura dei giovani. 

Hunger Games: una ragazza contro tutti

Dopo una feroce guerra, i dodici distretti dovranno scegliere un ragazzo e una ragazza come tributo per partecipare agli Hunger Games: giochi mortali dove solamente uno tra loro ne uscirà vivo e vincitore. 

Katniss Everdeen è una giovane ragazza che si offrirà come tributo al posto della sorella e scoprirà che non sarà facile sopravvivere alle trappole degli strateghi. Per vincerà dovrà stringere alleanze inaspettate e affidarsi alla sua intelligenza e furbizia. 

Hunger Games è narrato in prima persona dal punto di vista di Katniss, una protagonista femminile che affronta un’incredibile crescita. Altruista e generosa, si preoccupa molto degli altri, soprattutto della propria famiglia, cosa che potrebbe risultare una condanna nel partecipare agli Hunger Games

La ragazza di fuoco, con il suo arco, ha un unico obiettivo: restare in vita. I metodi adottati e la sua testardaggine, oltre al non ascoltare mai i consigli altrui, potrebbero renderla antipatica, ma, personalmente, la ritengo una delle eroine più ben riuscite nel mondo degli young adult, anche in un panorama contemporaneo. I suoi rapporti con i personaggi secondari sono quasi tutti conflittuali, perché non riesce a fidarsi completamente degli altri e questo aiuta a portare avanti la trama con dinamismo, oltre a permettere una caratterizzazione migliore dei comprimari, di solito penalizzata dalla prima persona narrante. 

L’autrice ha creato una gamma di personaggi secondari più o meno complessi e molto diversi tra di loro, spesso con una particolarità più ricalcata delle altre. Si passa da Peeta Mellark, l’altro tributo del distretto 12, bravo a cucinare torte e onesto, alla vistosa ed eccentrica, quasi caricaturale, Effie Trinket con il suo accento marcato di Capitol City, al mefistofelico presidente Snow, pronto a usare la forza e inganni spregevoli per raggiungere i propri scopi e spegnere ogni scintilla di speranza negli distretti più poveri. Un antagonista ben ragionato che il lettore non può che odiare dal profondo del suo cuore.

Hunger Games: una progressione dal climax ascendente

Suzanne Collins è molto brava a descrivere il proprio mondo e le differenze tra Capitol City e i distretti. Tra questi, ognuno ha una propria specialità: dal distretto 1, il posto migliore dove vivere dopo Capital City, dedito alla fabbricazione dei gioielli, i cui tributi sono i favoriti come vincitori, al distretto 12, il più povero. Proprio qui, vive la protagonista: in un luogo minerario dove la gente ha rinunciato da tempo a grattarsi via la polvere di carbone, e muore di fame o di malattie. Sono gli ultimi degli ultimi e Collins lo mette in chiaro subito con le sue descrizioni del senso di fame e con le lunghe battute di caccia di Katniss, per barattare le prede con del pane farcito o qualcosa di sostanzioso. 

“Appena giunta tra gli alberi, recupero un arco e una faretra dalla cavità di un tronco. Elettrificata o no, la recinzione è riuscita a tenere i carnivori lontano dal Distretto 12. Nei boschi ne girano parecchi, e ci sono anche altri pericoli, come i serpenti velenosi e gli animali rabbiosi, e il fatto che non ci sono veri e propri sentieri da seguire. Ma c’è anche cibo, se sai dove cercarlo.”

Con frasi corte e d’impatto, l’autrice riesce  a far entrare in empatia con Katniss Everdeen. L’intero testo è caratterizzato dalla brevità, anche se ogni tanto può essere confusionaria durante le scene di azione, che risultano poco chiare, come per esempio gli scontri tra i vari tributi nell’arena. Per il resto, con questo stile sintetico, Suzanne Collins tocca con efficacia i temi della fame, della discriminazione, delle differenze sociali e della povertà. 

Hunger Games è, inoltre, uno dei rari casi in cui il primo libro di una saga non è all’altezza dei successivi. La ragazza di fuoco, in cui i protagonisti ritornano nell’arena, e Il canto della rivolta, dove scoppia la ribellione vera e propria, sono meglio studiati per narrazione e stile. Un progressivo miglioramento di cui non si può che essere contenti. 

Suzanne Collins prende spunti da altri titoli, per esempio Battle Royale di Koushun Takamia, che reinterpreta nel suo modo personale, fino a diventare un fenomeno globale che ha fatto apprezzare ai lettori il filone distopico. 

Assolutamente consigliato e che la fortuna possa essere a vostro favore. 

Elena Cavenaghi