C’è una sorta di accidia vischiosa nella scrittura di Moravia; un lento, costante sciabordio verbale che ipnotizza il lettore, costringendolo, annaspante, ad affogare nel rimestio dell’ignavia. Così, Gli indifferenti, esordio dello scrittore romano (dal 1964 stabilmente in casa Bompiani), anticipa il celebre La noia nei temi e nello stile.

Il romanzo cominciò a prendere vita nel 1925, ma la sua pubblicazione fu rimandata: nel 1927, Moravia esordisce nella rivista Novecento con i suoi primi racconti (che gli valsero il Premio Strega nel 1952).

Gli indifferenti racconta le vicende di Carla e Michele Ardengo, la cui vita è minacciata dalla gravosa ipoteca sulla casa e dalle insidie dell’amante della madre.

I due giovani, nonostante la consapevolezza dell’imminente tracollo economico, non riescono a rendersi emotivamente partecipi della situazione. La noia, l’indifferenza e il lassismo, annichiliscono in loro qualsiasi volontà di ribellione allo scorrere degli eventi.

Gli indifferenti: una tragedia decadente

Temi portanti: lo sfacelo del mondo borghese, l’incomunicabilità e l’accettazione di un destino avverso, monco di ambizioni e aspirazioni. La ricerca di denaro e sesso sembra essere l’unica passione dei protagonisti, ma anche in essa indulgono con un ignavo tepore.

Attorno a Carla e Michele, ruotano le figure della madre Mariagrazia, del libidinoso Leo Merumeci e della voluttuosa Lisa. Tutti e tre, trascinati dalle passioni, dagli egoismi e dai propri desideri; consapevoli di essi, fungono da perfetta contrapposizione all’indifferenza che ristagna nei due ragazzi. Il contrasto consapevole aumenta la perplessità e l’ignavia di Carla e Michele. nel confronto, perdono miseramente, e si domandano con indulgente rimprovero cosa ci sia di sbagliato nella loro privazione emotiva

Il ristagno dei sensi

Ne Gli indifferenti, Moravia mostra già tutte le sue abilità di scrittore. Lo stile, dal linguaggio semplice, triviale, in netto contrasto con la lunghezza dei periodi paratattici, riesce a evocare immagini di straordinaria potenza narrativa. Il ristagno dei sensi, il biancore innaturale delle indifferenti membra in contrasto con passionali e vetusti rossori… tutto contribuisce a creare l’ossimoro emozionale di aspettativa e accidia che permea il romanzo.

Dalle prime righe, fino al finale aperto, sospeso in una frazione di tempo, è impossibile non lasciarsi trascinare nell’abisso stagnante di riflessioni recalcitranti, di uggia della vita. Anche il sesso, nella scandalosa carnalità che caratterizza le opere di Moravia, è vissuto come passione quieta, un’accettazione passiva di carezze, pulsioni e fervori che lasciano soltanto malessere e una maggiore colpevolezza del vivere.

Mai quanto oggi, nella società della noia e dell’indifferenza, l’esordio di Moravia si ripropone attuale e nitido. I protagonisti non sono più racchiusi nel tempo del romanzo, ma proiettati in un futuro dove la ricerca costante dell’adrenalina e del divertimento a ogni costo sono consumistiche divinità.

D’altronde, Gli indifferenti sono segno di una società stagnante nel proprio, gretto, compiacimento. Che questa passiva accettazione dell’immutabilità del destino passi per i salotti borghesi novecenteschi, o per gli smartphone degli anni ’00, poco importa. Carla e Michele vivono, con la loro indifferenza, all’interno dell’umanità.