Piccole donne è l’opera più conosciuta di Louisa May Alcott. D’altro canto, come resistere al fascino delle deliziose e indimenticabili sorelle March? Nella sua opera magna, una tetralogia che ruota attorno alla vita di Meg, Jo, Beth e Amy March, L. M. Alcott inserisce elementi pedagogici e un forte riferimento al trascendentalismo americano (di cui il padre, Amos Bronson Alcott, fu ferreo sostenitore), tutto coronato dal sentimentalismo che ammanta la letteratura ottocentesca e che, al palato dei lettori moderni, rischia di diventare stucchevole.

Per fortuna, la scrittura di L. M. Alcott e la sua capacità di raccontare personaggi veri, con luci e ombre, riescono ad abbattere il pregiudizio che avvince i romanzi per ragazzi – relegati oggi a letteratura di seconda mano – e, soprattutto, i libri scritti da una donna. Così, le avventure delle sorelle March arrivano fino a noi e continuano a incantare grandi e piccini.
L’esordio contiene i semi di Piccole donne
Lo stesso spirito progressista, femminista e trascendentale che troviamo espresso in Piccole donne – in special modo nel personaggio di Jo, in cui generazioni di lettrici e aspiranti scrittrici si sono riviste – era già presente nelle opere precedenti della Alcott, tra cui il suo esordio: Fiabe floreali, edito in Italia da elliot.
Il libro, scritto da una Louisa adolescente e impegnata ad aiutare la famiglia con lavori saltuari, è una delicata e ottimistica raccolta di fiabe sul Piccolo Popolo, strutturata all’interno di una cornice boccacciana. La Regina delle fate, al termine di una festa, chiede ai suoi convitati di raccontarle delle storie udite dai fiori. Comincia così una successione di teneri racconti che hanno come protagonisti i membri del popolo fatato e il loro impegno nella cura dei fiori e della microfauna.

In Fiabe floreali è impossibile non notare l’attenzione al mondo naturale: la Alcott descrive minuziosamente e con grazia pittorica i colori dei fiori, i piccoli dettagli dei pistilli, la tenerezza dei profumi. È un libro odoroso, armonico, in cui gli insegnamenti finali rispecchiano a pieno il trascendentalismo americano di Emerson, alla cui famiglia l’opera è dedicata (L. M. Alcott, in quel periodo, lavorava come bambinaia presso di loro).
Fiabe floreali mostra in germe i principi educativi di L. M. Alcott
I principi dell’educazione fondata sulla conoscenza del mondo e di sé, sull’approccio alla cultura, sull’apprendimento dato dall’azione e dall’esperienza, permeano tutto il volume: le piccole fate, o i loro amici fiori, imparano la gentilezza, l’onestà, la bontà e l’umiltà fini a se stesse attraverso le rocambolesche avventure di cui sono protagonisti.
Il libro, oltretutto, scava all’interno del patrimonio folkloristico nordeuropeo, dove il Piccolo Popolo è spesso protagonista, capovolgendolo con intenzione. Sono i personaggi stessi a dire che, a differenza di come gli umani li percepiscono, essi non sono egoisti e dannosi, ma altruisti e operosi nella semplicità delle loro esistenze. Ci si trova, così, di fronte a una percezione e a un’interpretazione del favolistico inedita ed estremamente fantasiosa.
Certo, Fiabe floreali non è libero da ingenuità e da un certo perbenismo e sentimentalismo che, a differenza di Piccole donne e delle opere più mature della Alcott, non viene stemperato da caratteri originali e rappresentazioni più realistiche dell’esistenza. Ciò nonostante, la raccolta di fiabe è deliziosa e di piacevolissima lettura, oltre che essere uno squarcio sull’abilità e la fantasia già in germe di un’autrice che ha saputo incantare numerose generazioni.
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