Grammaticando
Era l’anno del ’38,
Novecento con il botto,
quando il nostro amico Gianni
indossò cotanti panni
d’insegnante d’italiano
per gli infanti del germano
ebreo, fuggito dalla casa
dal razzista ormai invasa.
Lì, sulle sponde del gran Lago,
ch’è Maggiore e un poco vago,
di Novalis i Frammenti
trovò assai intelligenti.
Così pensa, il caro Gianni
e riflette senza affanni
che in Italia di Fantastica
passa sol per la Grammatica.
Ci pensa e s’arrovella,
poi s’accende la favella
e con un po’ di fantasia,
prende vita la magia
e compone un bel libretto,
su far le storie un manualetto,
sì ché l’immaginazione
sia strumento d’educazione.
Siete mai incappati in quegli autori ciclici? Quelli che conoscete da piccoli, vi ritrovate da adolescenti e poi, per un motivo o per l’altro, vi trovate con un loro libro in mano anche da adulti? Ecco, Gianni Rodari è uno dei miei. Nel senso che vi ritorno sopra, ancora e ancora, senza riuscire a staccarmene (un po’ come accade con Isaac Asimov e J. M. Barrie).
Un Rodari per tutte le stagioni
Così, nella mia vita ho tre Gianni Rodari: il primo è il maestro delle filastrocche e delle favole al telefono; il secondo… ah, quante risate nostalgiche col Libro degli errori! E il terzo… il terzo…
Il terzo lo scoprii durante la mia tesi magistrale, un laboratorio didattico sull’insegnamento della geografia tramite la favola. E lì, tra il materiale da consultare, saltò fuori La torta in cielo e un piccolo appunto: Grammatica della fantasia.
Nel suo tempo, Rodari incappò – come io incappai in lui – in Novalis e nei suoi Frammenti. Con un tedesco arrangiato, appreso da poco, lesse:
Hätten wir auch eine Phantastik wie eine Logik, so wäre die Erfindungkunst erfunden.
Se avessimo anche una Fantastica come abbiamo una Logica, allora sarebbe scoperta l’arte dell’inventare.
E quel termine, Fantastica, divenne spunto di riflessione e ossessione. Non esiste nel dizionario, non si trova in nessun libro. Fantastica è il non-esistente e, al tempo stesso, l’esercizio logico della fantasia.
Fantastica fantasia
Incantato dal neologismo, Rodari ci riflette, ci rimugina, ci si arrovella finché non ha l’occasione di metterlo in pratica. E allora arriva lì, a quella settimana del ’72 a Reggio Emilia, dove tiene degli incontri con una cinquantina d’insegnanti della scuola dell’infanzia. Settimana che ricorderà come “una delle più belle della mia vita“.
Mi fu data la possibilità di ragionare a lungo e sistematicamente, con il controllo costante della discussione e della sperimentazione, non solo sulla funzione dell’immaginazione e sulle tecniche per stimolarla, ma sul modo di comunicare a tutti quelle tecniche, per esempio di farne uno strumento per l’educazione linguistica dei bambini.
Scriverà in futuro su quell’incontro, nella prefazione del libro che da esso nascerà: Grammatica della fantasia. E lì, con quello spirito ludico da adulto mai divenuto tale, con l’anima del docente che a insegnare s’annoia, ma che a parlare con i bambini si diverte tanto, elabora mondi e soluzioni per trasformare l’immaginazione in un esercizio della fantasia.
Esercizio di Fantastica in #fantasia minore
Perché anche la fantasia ha le sue regole, e Rodari le imbroglia, le imbriglia e le sbriglia. Le scrive, tardive, e trascrive, nocive, le lettere pigre. E nello scrivere di pive ci stiamo esercitando con la logica del sasso gettato nello stagno, sotto un frassino che sa di tasso, con buona pace del Torquato, a cui il mio pensiero lo ha collegato.
In uno scambio d’interstizi, a volte seri, a volte fittizi, Rodari spiega il valore della rima, dell’associazione, della violazione di una logica di pensiero che ha fatto del collegamento più vicino l’unico mistero. E questa Fantastica, che non esiste, ha le sue regole e Gianni lo sa e lo spiega bene. Ma la prima regola è che per esercitarla bisogna lasciarsi andare e non fermarsi ai primi, logici, strali. E allora un mattone diventa un nastro (sì, ci sono arrivata da pilastro) e una favola può esser scombinata (con Cenerentola che indossa una patata e Cappuccetto Rosso, o forse Giallo, quella sera si è fatta accompagnare a un ballo, niente di meno che da Pinocchio che ha sottratto una mela alla Principessa e il Ranocchio).
Mito meno sacro = favola (è matematico)
E da singole parole nascono storie, ché ogni verbo ha la sua giustezza nello spazio di due mani ed è grande esattamente quanto un “ciao”. Ma le storie stesse, non nascono solo da carte o da funzioni (con buona pace di Propp, che nelle sue menzioni sostiene che la favola è ciò che rimane quando il sacro cade e restan le parole profane), bensì dal bisogno di raccontare, di sognare e d’inventare. Forse partono dal mito, da un rituale antico, oppur si generano dalla fantasia, da un binomio fantastico che mette in opposizione due elementi ben distanti… E dal caso che li affianca, dall’esercizio della mente che, in maniera assai efficiente, tramuta l’ossimoro in racconto.
Poi bisogna tener conto, che Rodari mai non pone fantasia sopra ragione, o la mente distaccata da una cosa immaginata. Sono vicine, dipendenti, senza tanti complimenti: tutto nasce dal cervello, da un contrasto, da un’idea che prende piede e dipana le sue vele. Così il buon, vecchio Gianni, senza fare troppi danni, riempe il testo d’esercizi, di esempi, d’esperienze, con cui i bambini fan ginnastica. Ed è questa la Fantastica: necessaria dimensione per il processo di creazione.
Grammatica della fantasia: a cosa serve la Fantastica?
Usciamo ora dall’esercizio rodariano di procedere per associazione d’ossimori, suoni o collegamenti e reminescienze che solleticano la nostra memoria, e chiediamoci: a cosa serve la Fantastica?
In Grammatica della fantasia, Rodari risponde al quesito: la Fantastica serve a smuovere l’immaginazione dal torpore. La filosofia del “tutto subito” ha abituato la nostra mente a ricorrere a soluzioni preconfezionate, l’ha imprigionata nella logica del rimpianto del tempo che passa e non ritorna, impedendole di guardare al futuro.
Riprendersi il tempo
Ed ecco la Fantastica che fa il suo ingresso: per essere sviluppata ed esercitata, ha bisogno di tempo, di riflessioni. L’insegnamento della Fantastica è, per antonomasia, insegnare a riprendere possesso del proprio tempo e della propria mente. Ingegnarsi a trovar soluzioni non “usa e getta”, a rivalutare l’attesa e imparare a “perdere tempo” anche con qualcosa che non ha un riscontro pratico… ecco a cosa serve la Fantastica. Esercitarla significa utilizzare la propria intelligenza a 360°, perché l’esercizio della fantasia non può essere imparato sui libri, ma solo con la pratica.
Attraverso questa, l’insegnante ritorna docente, guida nel processo dell’apprendimento e non portatore di verità fredde e immutabili. E le Lezioni di Fantastica progettate da Rodari divengono spunti, elementi che costituiscono un punto di partenza (mai d’arrivo) per far sperimentare l’esperienza della narrazione, attraverso l’educazione al pensare e alla creatività.
Grammatica della fantasia è ancora attuale. Come Rodari. Come le favole. Come certe rime che fanno: stretta la soglia, larga la via, dite la vostra che io ho detto la mia.
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