C’è una canzone agli scout che s’intitola “Canto dell’addio“. Chi è stato scout la conosce bene, perché segna il momento del passaggio: da lupetto, a esploratore. Da esploratore, a rover, fino al clan. E fa piangere, perché mi ricordo lacrime amare ogni volta che mi mettevo in cerchio e intonavo quel canto sulle note de Il valzer delle candele.
Ogni tanto, quella canzone infesta ancora i miei ricordi. Certo, è difficile dimenticarsi di essere stati scout, perché scout lo si è per sempre, così la mia testa accende uno stereo nel cervello e canta:
È l’ora dell’addio, fratelli, è l’ora di partir,
il canto si fa triste, è ver, partire è un po’ morir.Ma noi ci rivedremo ancor, ci rivedremo un dì.
Arrivederci allor, fratelli, arrivederci, sì.
L’ultimo capitolo di Testa rossa è simile a un canto d’addio, o meglio d’arrivederci. D’altronde, parliamo di uno scrittore e insegnante che ha fatto dello scoutismo il fulcro del processo educativo, che portava gli alunni a passeggiare nei boschi intonando quei canti che vivono nella memoria di ogni lupetto, che durante le gite ti faceva addormentare al suono di Ula ula ula. Così lo scoutismo arriva anche qui, in un finale che sa di addio e che, per non farti soffrire troppo, si muta in un “arrivederci”.
Sempre vigili
Ma parliamo un secondo di Testa rossa, del finale, della chiusura. Lasciamo fuori dalla porta i sentimentalismi, o almeno proviamoci (sapendo già che falliremo in partenza): l’epilogo si apre con un chiaro rimando all’incipit. Il paese della felicità è tornato sereno. Presidenti, ministri, politici, ecc., sono a far la fila per incontrare la Principessa e tutto è tornato alla normalità. Come nelle migliori storie, e come Propp vuole, v’è il ripristino della situazione iniziale. Anzi, questa è addirittura migliorata, perché la Strega del Nord è morta, precipitata nelle profondità dell’inferno. Niente può più andare storto, giusto? Possiamo addormentarci sereni con il mantra andrà tutto bene stampato negli occhi?
No. Il finale di Testa rossa non è quieto come sembra. Certo, sono tutti felici. Certo, la Principessa è tornata, ma c’è un avviso ed è rivolto ai ragazzi: fare buona guardia. E qui torna Rodari, con Cipollino, ché: «i birbanti al mondo sono molti. E quelli che abbiamo cacciato potrebbero tornare».
Similmente, la Strega del Nord. Scomparsa, sconfitta, ma non distrutta. Perché l’odio, la guerra, la Strega sono nell’uomo e spetta ai ragazzi il compito di sorvegliare la Principessa dell’Amore. A loro è affidato il compito di essere vigili, ché noi adulti siamo facili da assoggettare. Perché ci dimentichiamo di come si ama, siamo più propensi, con le nostre preoccupazioni da grandi, a cedere all’offerta della Strega. Eppure…
Abbiamo tanto, tanto bisogno di vivere d’amore e d’accordo.
Arrivederci, amici!
Scrive Manzi. Poi saluta. E stavolta le lacrime scendono un poco. Perché è un arrivederci. Perché è un addio. Perché anche i Rammentatori sono diventati grandi e lo sei anche tu e di quella porta conosci, ormai, solo il buco della serratura, da dove ti affacci nella speranza di intercettare un ciuffo di capelli rossi e sentire, di nuovo, il richiamo dell’avventura. Poi ci pensi, e sorridi. Perché va bene così, perché il compito di vegliare sull’Amore è dei ragazzi, perché, in fondo, se vuoi ancora correre con Test e salvare la Principessa puoi farlo, ché due occhi in più a tener d’occhio questo mondo non fanno male.
Arrivederci.
Bello, Giulia. Grazie