Unghie utilizzate per calcolare lo scorrere del tempo, società divisa in blocchi, ricambio forzato generazionale, paguri archeonauti, guerre urquoidi, una luna scomparsa e una linea rossa, di pennarello, che parte da un sudicio spub e conduce… dove? Guido Bertorelli, nel suo libro d’esordio Cronache del continente (Moscabianca edizioni), presenta un mondo sull’orlo del collasso climatico, in cui il tempo è un’ossessione (la cronodipendenza) e i fantomatici “Alti” hanno imposto il veto di lasciare la Terra.

In una situazione precaria, un gruppo di individui – un mezzo urquoide, un’aspirante archeonauta, un Obbiettore di Consumo, un droide smemorato, una teatrante nomade – viene coinvolto in una cerca misteriosa, involontaria e del tutto casuale, che potrebbe innescare una vera Rivoluzione.

Cronache del continente: tra gocce di pioggia e fruzzate

Delle gocce di pioggia aprono una storia tra la fantascienza umoristica di Douglas Adams e la distopia orwelliana. Decidono di raccontarsi una storia, prima di cadere negli occhi di un uomo, un Obbiettore di Consumo di nome Nimotan, e rientrare nel ciclo.

Ma nel ciclo non ci rientrano da sole bensì, per quello stesso principio di aggregazione che le porta a essere Polvere, Granello, Polline, trascinano nella storia anche i lettori, che presto si trovano a esplorare il meraviglioso Continente creato da Bertorelli.

Cronache del continente si divide in diverse narrazioni, ciascuna con uno stile molto personale e, a volte, di difficile interpretazione per il lettore, che si trova impelagato tra una fruzzata, un benzolio, o plastiparchi. La stranezza della lingua creata da Bertorelli, tuttavia, per quanto a tratti eccessiva, aiuta a tratteggiare un worldbuilding variegato e ben strutturato, che tiene conto dei molteplici cambiamenti evolutivi e climatici a cui sarebbe sottoposta la Terra in mancanza della luna.

I percorsi dei diversi protagonisti non sono casuali: ognuno di loro persegue un obiettivo personale, che li conduce tutti verso la stessa direzione, neanche fossero guidati da una forza esterna, una “luce”, in grado di indicare una strada nello spaventoso dedalo sociale dei Blocchi, una società consumistica fino all’estremizzazione, dove l’ascesa sociale è prevista solo generazionalmente.

Per quanto sposi uno stile umoristico, Cronache del continente si riallaccia molto all’epica medievale, per la precisione alla chanson de geste, in cui gli eroi combattono per un ideale collettivo e si trovano impelagati nella ricerca di un oggetto sacro (di norma il Graal), dai poteri mistici in grado di rivoluzionare il mondo.

Abbiamo quindi una singola quest personale per ogni protagonista, che sul lungo andare del romanzo si intreccia con le altre, fino a giungere all’obiettivo: la conquista dell’Esempio e lo sboccio della Rivoluzione voluta e architettata dalla casta estinta dei Protoalchimisti.

Oltre a questo, Cronache del continente affonda le sue radici nella Bibbia, per la precisione nella Genesi e nel mito dell’arca e del diluvio. La crisi climatica, l’innalzamento delle maree, le difficoltà dovute alla mancanza del satellite, il forte inquinamento antropico, convergono verso una distruzione collettiva che prevede un Esodo obbligatorio per la sopravvivenza e, al tempo stesso, la costruzione verticale della Bloccopoli si definisce in una nuova immagine di Babilonia, la sfida verso il divino.

Tra clima e umorismo, il capovolgimento narrativo

La particolarità di Cronache del continente non è, tuttavia, né il suo geniale worldbuilding, né l’integrazione in uno svolgimento di trama piuttosto classico con elementi tipici della spy story, e neanche lo sguardo lucido con cui Bertorelli guarda a un consumismo illusorio, atto a camuffare il cambiamento che avviene sotto gli occhi, bensì lo sconvolgente capovolgimento narrativo che arriva nella terza parte del libro.

Nello sviluppo della Fase Tre, infatti, il gruppo di eroi procede con la Rivoluzione. Non lo fa in maniera ordinaria, non lo fa per spirito di bontà o apertura verso il mondo, ma perché ognuno ha un bisogno egoistico per ottenere un cambiamento. E, al tempo stesso, questa Rivoluzione non è come sembra o come se l’aspetta il lettore. Causa, invece, un vero stravolgimento della storia, una rivoluzione intrinseca che sorpassa la trama e precipita nella metanarrazione finale, in cui l’autore si rivolge al lettore stesso.

Il resto, è storia ancora da scrivere.

Giulia Manzi