Parlare d’esordio citando una mente e una carriera produttive come quelle di Gianni Rodari rischia di essere riduttivo. Soprattutto perché, come molti scrittori per l’infanzia, Rodari ha avuto non uno, ma ben due esordi… anzi, tre! Il primo nella saggistica, con il Manuale del Pioniere (Edizioni di cultura sociale, 1951), il secondo nella narrativa per l’infanzia con Il libro delle filastrocche (Toscana nuova, 1951) e il terzo con il suo primo romanzo: Il romanzo di Cipollino (Edizioni di cultura sociale, 1951).

Tre esordi nello stesso anno, il 1951 – che consacra alla storia della letteratura italiana uno dei più grandi scrittori del Novecento –, tutti collegati tra loro da un bambino a cui non puoi tirare i capelli senza scoppiare a piangere: Cipollino.

Nato sulla rivista Il pioniere dalle matite di Raul Verdini, le sue vignette erano accompagnate da commenti in rima di Rodari (che all’epoca dirigeva il giornalino stesso) il quale, successivamente, trascrisse le storie di quelle illustrazioni in un libro: Il romanzo di Cipollino, successivamente intitolato in Le avventure di Cipollino.

Il romanzo racconta le peripezie di un ragazzo-cipolla, in un mondo di ortaggi governato dal capriccioso Principe Limone. Alle dipendenze di quest’ultimo, il prepotente Cavalier Pomodoro e tante squadre di Limonacci, sgherri stupidi ma feroci pronti a obbedire agli ordini del loro più astuto e crudele comandante. Toccherà a Cipollino e ai suoi amici liberare la popolazione dal dominio del Principe Limone e da un’aristocrazia compiacente, e sventolare finalmente il vessillo della Repubblica.

All’interno del testo è facile scorgere i temi più cari a tutta la successiva produzione dell’autore: la libertà, l’importanza dell’istruzione, la gentilezza, l’educazione e l’astuzia, ché “un poca” non fa male per difendersi dai prepotenti. E anche qui, Rodari incanta con le parole e con le immagini, con il suo modo di narrare pulito e ordinato, un po’ sbarazzino come i suoi personaggi, come Cipollino che con furbizia e intelligenza riesce a sconfiggere il Principe Limone e a issare la bandiera della Repubblica.

«Un romanzo antifascista per bambini scritto da un partigiano»

Ecco, Cipollino è un romanzo resistente, come lo definisce Michela Murgia nell’introduzione alla nuova edizione di Einaudi, illustrata da Chiara Baglioni, un romanzo «antifascista per bambini scritto da un partigiano» perché «scrivere per bambini era uno degli atti più politici che si potessero immaginare in quegli anni». L’anelito, la voglia di libertà, questo concetto così astratto che è inspiegabile ai più («Io poi non so che cosa sia, questa libertà» dice l’orso a Cipollino mentre viaggiano verso lo zoo per salvare i suoi genitori) e che per il nostro protagonista è così semplice: «La libertà significa non avere padroni», diviene forza motrice della storia.

Sor Zucchina, Mastro Uvetta, Sora Zucca… tutti gli abitanti sono prigionieri metaforici – quando non proprio in gattabuia – del giogo del Principe Limone, della prepotenza del Cavalier Pomodoro e della vigliaccheria dell’avvocato Pisello, ma soprattutto di loro stessi e delle idee che se i prepotenti stanno al potere, poco possono fare loro povera gente, tranne sospirare.

Cipollino, invece, è libero. Libero come solo un bambino (e una cipolla) può essere. Tuttavia, questa libertà dell’infanzia non nasce da un’innocenza o dalla naturalezza dei fanciulli; tutt’altro, ha origine nella famiglia e negli insegnamenti di un padre che regala al figlio la cosa più importante: la voglia di imparare.

«Io desidero che tu prenda la tua roba e te ne vada per il mondo a imparare», dirà Cipollone al piccolo Cipollino. «Ma io non ho libri, e non ho soldi per comperarli», risponde questi e il padre replica: «Non importa. Studierai una materia sola: i bricconi. Quando ne troverai uno, fermati a studiarlo per bene.», «E poi che cosa farò?», «Ti verrà in mente al momento giusto».

Istruzione quindi, ma non istruzione passiva, mnemonica. L’invito di Cipollone è ben chiaro: osserva e impara, usa la testa, fatti domande, perché solo attraverso il pensiero critico puoi sfuggire alle prepotenze degli ignoranti.

Rodari sprona alla libertà, ma la prima libertà è quella del pensiero. Cipollino è libero perché pensa, perché ragiona e impara dalle proprie esperienze. Alla luce di questo, il protagonista di un romanzo educativo poteva solo essere una cipolla, la cui natura stratificata si riflette nella profonda capacità di Cipollino di apprendere e applicare le competenze acquisite.

Cipollino e Cavalier Pomodoro
Cipollino e Cavalier Pomodoro

Tuttavia, oltre a essere un romanzo resistente, Le avventure di Cipollino è anche un libro re-esistente. Nel senso che “esiste di nuovo” nella nostra attualità. Fa parte, in una definizione squisitamente da vocabolario, della realtà. Ancora, a sessantanove anni di distanza, se ci guardiamo attorno troviamo Pomodori che sono divenuti Cavalieri, Limoni, Limonacci e Ciliegie affettate e boriose; Duchini Mandarini che pestano i piedi per ottenere ciò che vogliono… il padre di Cipollino, d’altronde, ci avvisa ben bene: «i birbanti al mondo sono molti. E quelli che abbiamo cacciato potrebbero tornare».

Eppure, in questo specchio della realtà, circondati dai briganti, possiamo ancora essere dei Cipollini, pronti a studiare la storia e «tutte le altre materie che bisogna conoscere bene per difendersi dai birbanti e tenerli lontani», perché è vero: «ci sono altri castelli e altri birbanti al mondo, oltre i Limoni. Ma uno per volta se ne andranno e nei loro parchi ci andranno i bambini a giocare. E così sia, amen».