Una porta chiusa e un monito di obbedienza: questo è il primo ricordo di Noriko Kamiza, abbandonata dalla madre davanti alla casa dei nonni. E così comincia l’esordio di Asha Lemmie, Cinquanta modi per dire pioggia, una storia struggente e intensa sul razzismo e sul rapporto fraterno.

Il libro, che trova casa in Italia presso Editrice Nord, rientra in quel filone narrativo nippo-occidentale che ha come precursori Shōgun, di James Clavell, e Memorie di una geisha, di Arthur Golden. Un’esperienza intensificata dalla profonda conoscenza che l’autrice ha del Giappone e delle sue abitudini, pur non essendo originaria dei luoghi.

Cinquanta modi per dire pioggia

Noriko ha otto anni quando viene abbandonata davanti casa dei nonni dalla madre. Da questo momento in poi, la sua vita cambia drasticamente: entra, infatti, a far parte della nobile famiglia dei Kamiza, imparentata niente di meno che con l’Imperatore. Ma la sua pelle scura, i capelli ricci e gli occhi così diversi da quelli nipponici, sono un marchio d’infamia e sua nonna, Yuko Kamiza, non farà altro che ricordarglielo.

Noriko è infatti figlia della relazione tra la madre e un gaijin, per di più di colore e questo, per la rigida Yuko è inaccettabile. Noriko viene così relegata in soffitta, nascosta alla vista giudicante dei vicini, e sottoposta a trattamenti e vessazioni per renderla “più giapponese”, come bagni caldi nella candeggina per schiarirle la pelle e continui, dolorosi, tentativi di stirarle i capelli.

La bambina non si ribella, memore della richiesta materna: obbedire.

Solo la tua vita è più importante dell’obbedienza.

Solo l’aria che respiri. Promettimelo.

La protagonista di Cinquanta modi per dire pioggia, quindi, obbedisce e apprende in fretta la lezione di sua nonna: il silenzio, virtù femminile che viene riproposta a più riprese nel testo, fino a diventare protagonista di un vero e proprio scontro generazionale, tra l’antico – Yuko Kamiza – e il nuovo – Noriko.

Questa costrizione all’obbedienza e la convinzione che per la nonna non sarà mai abbastanza, ricade sulla protagonista e rende più facile il contatto con il lettore. La fragilità di Noriko viene fuori, assieme alle sue difficoltà, mancandole un legame femminile nella crescita, a relazionarsi con il mondo femminile.

La svolta si ha con l’arrivo del fratellastro di Noriko. Akira, il legittimo erede della famiglia Kamiza. Cresciuto a Tokyo, Akira non sembra dar peso al colore della pelle della sorellastra, con cui instaura lentamente un rapporto profondo e intenso, sigillato dall’incontro degli strumenti musicali. La sinergia della musica, il parlarsi tra le note – in silenzio, anch’esso – darà la forza a Noriko di ribellarsi alla vita vissuta fino a quel momento.

Akira sarà, infatti, l’unica persona che cercherà di aiutarla a sopravvivere, e diventerà una colonna importante nella sua vita. Questa relazione tra fratelli creerà una luce di speranza in Noriko e la voglia di vivere.

Uno scontro generazionale

Cinquanta modi per dire pioggia è, prima di tutto, uno scontro tra due generazioni del Novecento: una legata alle tradizioni e a ideologie antiquate e destinate a essere superate (Yuko), l’altra in corsa, proiettata verso un futuro, quello del secondo dopoguerra con il boom economico, che è pronta ad afferrare (Nori e Akira).

Il futuro deve vincere sul passato, nonostante gli sforzi di questo per ancorarlo a sé e perpetrare le proprie tradizioni. E Asha Lemmie mette in scena questo scontro con una scrittura chiara, semplice e intuitiva, molto piacevole da leggere.

Tuttavia, sebbene i personaggi abbiano una buona base, questa non è solida. Si percepiscono poco le loro motivazioni e risultano “già visti” rispetto ad altre opere del genere, complice anche una trama molto debole e lineare.

Sebbene Cinquanta modi per dire pioggia sia un esordio davvero apprezzabile, e Asha Lemmie abbia saputo ricreare l’atmosfera giapponese senza cadere negli stereotipi, manca quel qualcosa in più che stuzzicherebbe un lettore già amante del genere. Questa ripetitività della letteratura di scrittori non nipponici che scrivono di Giappone non dà a chi legge una nuova prospettiva e, purtroppo, Cinquanta modi per dire pioggia non fa eccezione: è il solito romanzo che parla del Giappone.

Interessanti, tuttavia, le poesie inserite all’interno della narrazione che vengono proprio create dai personaggi e costituiscono un elemento di approfondimento. Per esempio, la poesia Dialogo tra due poveri

mente ai personaggio. Come per esempio la poesia Dialogo tra due poveri: 

“Sento che questa vita è 

Sento che questa vita è 

Piena di dolore e insopportabile 

Ma non posso sfuggire 

Perché non sono un uccello

accompagnerà Noriko durante i momenti di ferrea educazione impartiti da sua nonna, esprimendo il soffocamento e l’angoscia che genera in lei la ferrea disciplina giapponese imposta da Yuko, nonché il ruolo femminile in un tempo in cui alle donne non era permesso decidere per il proprio corpo.

i suoi insegnamenti nella casa principale e la sentiamo che si sente intrappolata in questa vita ma non può andare via perché non ha le ali come un uccello. 

Argomenti come la disciplina giapponese e cosa vuol dire essere donna in un tempo che non dava spazio alle donne di decidere per il proprio corpo. Alcuni momenti del romanzo sono molto drammatici, scene che si potevano evitare ma ricevono tutta l’attenzione del pubblico. 

Alcuni momenti del romanzo sono molto drammatici, altri commoventi, ma alcuni decisamente da evitare. Cinquanta modi per dire pioggia è un romanzo di riscatto, una lettura piacevolmente familiare e gradevole, ma si avvertono le difficoltà di un primo libro nella gestione dei personaggi, nonché sul voler premere a tutti i costi su scene drammatiche e d’effetto per coinvolgere il lettore.

Consigliata per chi ama i filoni dei libri come Le memorie di una geisha. 

Consigliata per chi ama i filoni dei libri come Le memorie di una geisha.