Ne voglio ancora, è stato questo il pensiero immediato una volta chiuse le pagine dell’ultimo romanzo del Ciclo dell’Uovo di Leo Munzlinger, un trittico curato da Moscabianca Edizioni che costituisce l’esordio del suo autore.

A essere onesti, il vero esordio è il primo volume del Ciclo, Il lavoro dei maiali, seguito da Metallo danzante e dall’ultimo, uscito il 14 aprile 2022: La prossima volta rapiscimi d’estate. Eppure, per quanto ogni libro sia indipendente dal precedente e la lettura possa procedere anche in maniera scombinata, la differenza tra Il lavoro dei maiali e La prossima volta rapiscimi d’estate non si avverte. Perché Munzlinger ha il raro – rarissimo – dono di padroneggiare da subito la penna, senza ingenuità o remore che di solito caratterizzano scrittori abili, ma ancora acerbi.

Dove finisce la nostra coscienza quando dormiamo?

Tutto il Ciclo dell’Uovo prende avvio da questa semplice domanda e dall’ancora più semplice (in apparenza) risposta: sul pianeta Uovo, in compagnia di quelle di polpi e corvi.

Con questa premessa, Munzlinger crea un’ambientazione dreampunk avvincente, complessa, distorta nella percezione delle coscienze umane – i Sognatori – che cominciano a vivere una doppia vita: quella reale, sulla Terra, e quella onirica, sull’Uovo, dove le loro larve vengono allevate dai papà-rospi, dove perdono squame d’argento e dove possono disporre del potere creativo, solo con l’esercizio della propria volontà.

Sull’Uovo, si alternano scenari onirici insolitamente reali: città, etnie, specie diverse e usanze convivono, si mescolano e si combattono in un mondo pieno di leggende, costumi e usanze che ricordano il nostro pianeta, tanto che ci si chiede: è la Terra a essere influenzata dall’Uovo, o è questo a essere influenzato dalla Terra?

Ci sono questioni a cui non è possibile dare risposta, o la cui soluzione si nasconde tra le righe della narrazione, tra una silvimedusa e una sposa degli alberi, sotto la terribile pioggia di rubini e sangue.

Il lavoro dei maiali, il primo volume del Ciclo dell’Uovo

Il lavoro dei maiali, libro di esordio di Leo Munzlinger, si apre con il protagonista, Dimitri, che decide di immergersi nel sonno per raggiungere l’Uovo e raggiungere il suo papà-rospo, Michele. Una volta addormentato sotto lo sguardo vigile della sua Stella Marina, una sorta di macchina-amante di un futuro terricolo distopico appena accennato, la sua coscienza si materializza in un corpo argenteo, quello di Kiwi, nome con cui è conosciuto sul pianeta.

Ma la visita a Michele non andrà come crede: suo malgrado, Kiwi si troverà a fare avanti e indietro tra la propria realtà e l’Uovo, nel tentativo di aiutare e proteggere Cosima, una donna dai denti dipinti braccata da un altro sognatore. Nel tentativo di sopravvivere, i due dovranno superare la reciproca diffidenza e imparare a collaborare per riportare Cosima a casa, attraverso la turbolenta traversata dell’inquietante Mare di Mani.

Il lavoro dei maiali immerge da subito nel mondo creato da Munzilger, senza paracadute per l’incauto lettore che si trova ad avere a che fare con strane creature, usi e leggende sconosciute, immagini deliranti di spazi sconfinati, di porti nascosti e misteriosi. Anche la Terra disorienta, con la sua breve evoluzione, sufficiente a creare un senso di straniamento nel lettore che, neanche nel proprio pianeta, può sentirsi a casa.

Perfino l’Uovo risulta più familiare, per quanto alieno. E in quest’immersione totale nell’alterità, simile a quella che si riscontra quando si precipita nella prima fase del sonno, in quest’alienazione dalla propria coscienza, il lettore si trova a vivere, passo dopo passo, una storia straordinariamente umana, dove le differenze reciproche diventano punti di forza e dove il senso dell’altro è ciò che più di tutto unisce, anche tra popoli di pianeti diversi.

Un esordio riuscito, funzionante, ricco di bellezza disturbante e, in un certo senso, distorta. L’umanità dei protagonisti è l’unico punto di contatto che resta col reale e, alla fine del libro, le tante domande irrisolte restano appannaggio del lettore, costretto a interrogarsi su una ricerca di senso che sfuma piano piano, come sfumano i sogni.

Metallo danzante

Mezzo uomo e mezzo rettile, il Dragonetto è protagonista assoluto del secondo volume del Ciclo dell’Uovo. In questa seconda avventura, il punto di vista non è più focalizzato sul sognatore che visita il pianeta, bensì su una creatura nata e cresciuta sull’Uovo, assieme al suo padre adottivo Avilas. Ci si aspetta, visto il mutamento di prospettiva, di faticare a raggiungere la sospensione dell’incredulità. Invece il desiderio di vendetta, l’amore profondo che Dragonetto prova per Leily, una sposa degli alberi minacciata dalle sorelle perché si rifiuta di partecipare a un rito sanguinario, e la profonda amicizia con la sognatrice Stevia, il cui corpo argentato va lentamente a decomporsi, ma che rifiuta di tornare sulla Terra, entrano così in risonanza con le stesse, identiche, emozioni umane da non far percepire lo straniamento.

Nel leggere, ci si ritrova a soffrire, a disperarsi, ad amare e odiare assieme a Dragonetto, a percepire come propria la condizione di bambino bullizzato solo perché “diverso”, a rendersi conto della disperazione del suo padre adottivo che in lui rivede il compagno scomparso. E, in questo via vai di emozioni travolgenti, si annida il Montone d’Acciaio, un’onirica rappresentazione del Diavolo terrestre in forma d’arma fatta di metallo vivente, sepolta nel cuore di una montagna. Ed è proprio il Montone a catturare, da subito, l’attenzione: può un’arma millenaria, nata per la distruzione, provare rimorsi e sensi di colpa?

Il Montone rifiuta la propria natura violenta, cerca di sopprimerla e, quando essa esplode spinta dalla gratitudine della Bestia verso Dragonetto, la svolta finale, la rinuncia al sé e l’accoglienza del proprio cambiamento. Per amore, solo per amore. Quello stesso amore – disperato e travolgente – che conduce il protagonista a fare cose terribili per vendicare i suoi cari.

Metallo danzante prende le dovute distanze da Il lavoro dei maiali, nonostante alcuni personaggi appaiano come comparse in piccoli easter egg che vanno a colmare alcune questioni sospese nel primo libro, e capovolge il tema dell’altro: se ne Il lavoro dei maiali le differenze finiscono con l’unire, in Metallo danzante l’odio che generano in chi si ritiene “normale” porta alla perversione e alla perdita della propria umanità.

La prossima volta rapiscimi d’estate: la conclusione del Ciclo dell’Uovo

Non bisognerebbe rispondere agli annunci che ti propongono di fare da cavie a un esperimento. Lo sa bene Eru, il protagonista di La prossima volta rapiscimi d’estate, che si ritrova collegato a Cloro, un terrestre di cui è rimasto solo il cervello conservato in un vecchio contenitore, pronto a minacciarlo di fulminarlo con una scarica elettrica se non lo accompagnerà su una silvimedusa a recuperare il misterioso oggetto delle sue ricerche.

L’insolito organismo semivegetale sospeso nel cielo ospita antiche rovine e una strana creatura proveniente da un’altra dimensione, capace di terrorizzare perfino le temibili spose degli alberi.

Ancora una volta, la penna di Munzlinger gioca strani scherzi al lettore: l’Uovo, mondo ormai familiare, assume nuove sfumature in questo volume conclusivo. Più disturbanti, più oniriche, più avventurose, ma anche più avvincenti e incalzanti, nonostante la brevità del testo rispetto ai precedenti libri.

Eppure, il tema è sempre quello: la diversità – in questo caso anche biodiversità -, la capacità di accogliere l’altro, l’empatia e il superamento delle differenze in virtù delle emozioni che accomunano ogni specie. E forse, essendo il rapporto tra Eru e Cloro forzato e non volontario, come in Il lavoro dei maiali e Metallo danzante, il salto effettuato dai due nemici è ancora più profondo.

Eru arriva a comprendere Cloro. Cloro arriva a chiedere, a pregare un aiuto. In quella richiesta e nella sua accettazione da parte di Eru, compare il perdono, il punto più alto dell’empatia umana, in quanto simbolo di una vera vicendevole comprensione.

Questo messaggio s’interseca e si intreccia con i precedenti. L’accoglienza dell’altro ne Il lavoro dei maiali, il saper lasciare andare per amore in Metallo danzante, il perdono in La prossima volta rapiscimi d’estate, formano una rete unica, un percorso di crescita e maturazione dei protagonisti e dei lettori da cui non è possibile esimersi. In poche parole: un’evoluzione.

E forse, è proprio in virtù di questa evoluzione, oltre che della scrittura immersiva di Munzlinger e dell’enorme fantasia nel carosello di creature fantastiche che propone, che il Ciclo dell’Uovo costituisce un trittico di rara bellezza all’interno del panorama dreampunk italiano. Un’opera che ha molto più da dire di quanto si pensi, con la sicurezza sfacciata di chi sa utilizzare l’azione e l’immaginazione per conquistarti e poi colpire allo stomaco.

Giulia Manzi