Chi è Carlo Coccioli? Tondelli lo definì “lo scrittore assente” dal Novecento italiano. Inquieto, errante, cittadino del mondo fuorché della sua Italia, che alla fine della guerra richiedeva una presenza intellettuale che Coccioli non volle – o non poté – darle.

Il mondo lo chiamava a Parigi e poi in Messico, dove s’insedia e si impadronisce della cultura locale, incastonandola nei suoi libri.

In occasione del suo centenario (il 15 maggio 2020), Carlo Coccioli, inquieto viaggiatore, comincia un nuovo percorso. In un certo senso, “esordisce” di nuovo in quell’Italia che si era lasciato alle spalle, grazie al recupero straordinario della sua eredità da parte di Edizioni Lindau, che con la collana Piccolo Karma, ripropone all’attenzione del pubblico le opere di Carlo Coccioli.

Il cammino dell’autore però non si ferma qui. Il 2020 porta con sé un vento che soffia dal Messico fino alle porte di Bompiani, per cui uscirà la biografia a cura di Alessandro Raveggi: Grande karma. Vite di Carlo Coccioli.

Per omaggiare questo grande scrittore del Novecento italiano, abbiamo deciso di dedicare una serie di piccoli approfondimenti sul nostro canale IGTV, e riservare uno spazio per una doppia recensione dei libri usciti il 21 maggio 2020 per Edizioni Lindau: Il cielo e la terra e L’erede di Montezuma, due tra le opere più significative di Carlo Coccioli.

Il cielo e la terra: l’incessante tensione verso il divino

La prima edizione de Il cielo e la terra risale al 1950, per una casa editrice parigina. Il libro racconta le vicende religiose ed esistenziali di Don Ardito Piccardi, sotto forma di una fittizia agiografia.

Il protagonista, alter ego di Carlo Coccioli stesso, è oggetto di una santità non richiesta, sebbene desiderata. Ardito Piccardi vuole il divino, lo brama, non cessa mai di cercare Dio, la cui esistenza gli è confermata dalla presenza del diavolo che lo tenta in continuazione.

I traguardi che il “prete santo” riesce a raggiungere, vengono così pervertiti dal demonio: ogni fortuna si trasforma in disgrazia, in virtù della dimenticanza. Per trovare Dio, Ardito Piccardi deve perdere prima se stesso, dimenticarsi della sua anima e, soprattutto, imparare ad amare.

L’apologia dell’amore

Il cielo e la terra è in realtà una lunga apologia dell’amore. Tutto proietta verso una concezione cristiana universale, in cui il concetto di ama il prossimo tuo è strettamente connesso con l’amare se stessi. Perché attraverso l’amore per gli altri e l’amore per sé, si ama Dio.

Una concezione che già prelude al futuro approdo al buddismo di Carlo Coccioli, e che, nella sua semplicità, lascia trasparire la necessità di un mondo migliore dopo la Seconda Guerra Mondiale. Coccioli non è l’unico autore del Novecento, infatti, a espletare il bisogno di un amore collettivo, puro e rispettoso dell’altro. Gianni Rodari, Alberto Manzi, Mario Lodi… nei contemporanei di Coccioli e nelle loro opere si esprime la necessità della pace. Una pace che passa attraverso l’istruzione, la conoscenza e l’amore.

Questo amore, che in Il cielo e la terra si palesa attraverso formule anacronistiche: troppo moderne, per un uomo nato negli anni ’20; troppo universali, per essere del singolo. Eppure Coccioli ha un’idea dell’amore ampia, variegata, realistica, frutto della sua esperienza personale. Per l’autore, la scrittura è imprescindibile dalla vita. E la vita stessa diviene testo sotto lo sguardo di un autore capace di interpretare l’uomo al punto da scorgere il futuro.

Il linguaggio tra sacro e profano

Un ottimo libro come Il cielo e la terra non avrebbe reso altrettanto senza la grandiosa espressività linguistica di Carlo Coccioli. Il sottile rapporto tra cielo e terra (sacro e profano) si riflette sulle scelte lessicali e sintattiche dell’autore.

Carlo Coccioli parla del “sacro” con una rara impudicizia e una passione che sfocia nella carnalità. C’è erotismo nel modo in cui Coccioli e Don Ardito stesso parlano di Dio; una forma linguistica spudorata, affilata e oscena. Il cielo è carne, sangue e sesso, e la terra, il profano, viene per contro narrato con delicatezza e una specie di moderato pudore, quando non vera e propria timidezza. I linguaggi danteschi della carnalità infernale e dell’elevazione paradisiaca s’invertono nell’opera di Carlo Coccioli, in un chiasmo pronto a generare una spirale lessicale in cui il lettore resta intrappolato.

Carlo Coccioli riesce a coinvolgere il lettore

Il cielo e la terra è un romanzo capace di coinvolgere il fruitore a più livelli. Trama, personaggi e stile si miscelano in modo da creare un’esperienza a 360°, dalla quale si fatica a uscire. A distanza di 70 anni dalla sua prima edizione francese, è ancora capace di dare, dare e dare tanto a chiunque decida di approcciarsi alle sue pagine. Perché il senso, del libro, dell’amore, della vita, è forse in questo donarsi costantemente. Anche a discapito dell’assenza.

Giulia Manzi

L’erede di Montezuma

Oltre che lo scrittore assente, Carlo Coccioli si può definire anche come lo scrittore itinerante.
La sua storia parte dall’Italia, nasce a Livorno, e poi ha girato il mondo.
Libia, Francia, Canada, Texas, Messico, sono i paesi che Coccioli attraversa, quelli in cui soggiorna, per poi, a volte, stabilirsi.

In Messico si trasferisce nel 1953, e dopo undici anni pubblica uno dei suoi romanzi più famosi: L’erede di Montezuma, pubblicato nel 1964 con cui Coccioli si immerge profondamente nella storia del paese che si trova tra stati Uniti d’America e America Latina, quel paese ponte tra nord e sud, patria di antiche civiltà avanzate e poi luogo di tragedia e sopraffazione.

È il Messico il luogo in cui è ambientato questo romanzo, Coccioli sconfina i limiti geografici e temporali, portavoce di una storia antica profonda, quella della dominazione degli Spagnoli subita dal popolo Azteco.

Coccioli portavoce di una tragica storia, quasi dimenticata

Carlo Coccioli riesce a rappresentare gli aspetti di una civiltà estinta, quella degli Aztechi.
Questa è la storia della fine di una civiltà, è la storia di uno scontro, di una sopraffazione, questa è la storia di una tragedia in cui una civiltà viene cancellata e di questa non rimane praticamente nulla.

In questo contesto l’autore ci rende un quadro completo degli usi e dei costumi degli Aztechi, leggendo ci accorgiamo di far parte di una sistema magico, rituale, una società che mette in primo piano il rispetto per la natura, di cui si rende conto di essere minima parte.

Un drammatico scontro

Il contrasto con la civiltà colonizzatrice avviene nella maniera più drammatico, dando prova della più vile delle caratteristiche umane, l’odio, che ha reso nella storia dell’uomo vari avvenimenti storici tragici, come questo.

E l’incontro tra le due civiltà può essere rappresentato molto bene proprio dalla parola “contrasto”, da una parte abbiamo una civiltà basata su valori nel rispetto delle piante, degli animali, degli dei, dei luoghi, dei riti e gli eventi che non si possono programmare, dominare, indipendenti dalla decisione umana.

Dall’altra parte vediamo arrivare all’orizzonte una società organizzata, amministrata, razionale, che pone sé stessa al centro del sistema stesso e che si colloca come unico rappresentante. Questa società tanto diversa dalla prima, caratterizzata da uomini come i primi, ma questi adorano altri dei, dei in cui loro si identificano e che in qualche modo pensano di rappresentare.

Questa è la storia della fine di una civiltà

Questa è la storia della fine di una civiltà, è la storia di uno scontro, di una sopraffazione, questa è la storia di una tragedia in cui una civiltà viene cancellata e di questa non rimane praticamente nulla.

Leggendo questo romanzo il lettore si trova a scoprire una civiltà sconosciuta e poi a vederne la fine.

Ringraziamo Edizioni Lindau per essersi presa l’impegno di riportare alla luce questa ed altre importantissime opere di Carlo Coccioli.

A distanza di tanti, troppi anni dalla loro prima pubblicazione oggi possiamo rileggere queste fondamentali pagine della letteratura.

L’erede di Montezuma è nuovamente disponibile in libreria dal 21 maggio 2020.

Chiara Orfini