Dodici Passi sono quelli che separano il peccatore dal santo. Dodici Passi sono le tappe che Garrard deve affrontare per diventare “normale”. Dodici Passi sono gli step previsti da Love In Action, un centro di terapia riparativa per omosessuali, in cui il protagonista si reca per rimediare al fatto di «non essere puro».

Boy Erased, di Garrard Conley (Edizioni Black Coffee), da cui è stato tratto il film omonimo, è il racconto autobiografico dell’esperienza dell’autore nel centro religioso di Love In Action (poi diventato Restoration Path). Figlio di un pastore battista, a diciannove anni Garrad subisce uno stupro, a cui segue l’outing e la successiva “terapia di conversione”.

Boy Erased non è una storia di coraggioso coming out, non è un romanzo sulla ricerca di sé. Non è un racconto di un viaggio di speranza e di miracoli. No. È, invece, uno spietato e cronistico occhio puntato su una realtà distorta e fondamentalista, in cui il peccato più grande è quello di essere se stessi.

Come una moderna Bibbia, il libro si divide in un “prima di Love In Action” e un “durante Love In Action”. Il futuro, il dopo, non è a disposizione del lettore che si trova immerso nella confusa nebulosa dei pensieri dell’autore al tempo della terapia. Il cammino che lo ha portato verso questa è costellato di paure, dubbi, terrore di non essere abbastanza puro, abbastanza meritevole di salvezza.

Boy Erased: rinunciare a se stessi per paura di perdere l’amore familiare

Il timore più grande, come in tante storie di membri della comunità LGBT+, si manifesta in un dialogo con la madre, allo stesso tempo carnefice e alleata di Garrard nello spronarlo e poi trarlo fuori dalla terapia che stava cancellando non solo la sua personalità, ma anche il loro rapporto:

«Lo capisco solo ora: tutto alla fin fine si riassume nel fatto che ho paura. Che questo tanto sperato cambiamento è solo per compiacere lui, per compiacere te. […] Ma ho paura di perderti. Ho paura di quello che diventerei se ti perdessi. Ho paura perché penso di aver già perso Dio.»

L’allontanamento, l’abbandono, il sentirsi una costante delusione per i suoi genitori e una fonte di sofferenza per sua madre e suo padre, il non ritenersi all’altezza, sono i sentimenti negativi che portano Garrard ad accettare la proposta di sottoporsi alla terapia di Love In Action.

Boy Erased locandina
La locandina del film, con Nicole Kidman, Lucas Hedges e Russell Crowe, uscito nel 2018

«Ero stato anticipato e il fatto che fossi omosessuale era passato in primo piano rispetto alla violenza che avevo subito o, peggio, sembrava che quell’atto fosse una diretta conseguenza del mio essere gay, come se me la fossi andata a cercare.»

Vergogna, dubbio e paura sono gli argomenti sferzanti di Boy Erased, ma è il tema della violenza la presenza invisibile che permea il testo. Ve ne sono di diversi tipi, tutti trascurati accuratamente dalle figure di sostegno: la violenza sessuale, la violenza dell’outing (lo stupratore, per eliminare i sospetti da sé, telefonerà ai genitori del protagonista denunciando la sua omosessualità), la violenza psicologica che agisce sul senso di inadeguatezza e, infine, la violenza più infida, quella familiare e involontaria fatta «per il tuo bene».

La violenza come filo rosso

L’ultima è forse la peggiore forma di brutalità subita da Garrad e, con lui, da tanti ragazzi LGBT+, perché è l’unica che non si può combattere. I genitori del protagonista non sono cattivi, né crudeli, né disinteressati. Il loro peccato è il troppo amore e la convinzione che ciò che per loro è «bello» e «naturale» lo sia anche per il figlio.

E così, spronato dalla paura di perdere quel troppo amore, Garrad si getta nelle fauci di chi vuole cancellarlo. La parola, esplicitata nel titolo, non è una scelta casuale: Love In Action cancella effettivamente le vite dei suoi adepti, le uniforma a uno standard e cataloga ogni comportamento che non rispecchi i dettami del centro come F.I. – False Immagini.

Sparisce così la letteratura, la musica, l’arte in sé a meno che non sia esplicitamente approvata dai responsabili. Spariscono quelle caratteristiche che rendono un individuo unico. Viene cancellato il sé in nome di una presunta normalità, tanto che si arriva a chiedersi, assieme al protagonista: «Forse […] avrei perso i miei ricordi più preziosi, dei momenti di trascendente bellezza. Forse era quello il prezzo da pagare per avere una vita normale».

D’altro canto è proprio l’amore che salva. L’amore e la realizzazione di non essere arrabbiato, che per quanto i suoi genitori – e soprattutto suo padre – possano essere figure con cui è difficile confrontarsi non ha veri motivi per avercela con loro tanto da (come sostengono i membri di Love In Action) generare un conflitto tale da alimentare atteggiamenti omosessuali.

Quando esce dalla spirale di Love In Action, dai Dodici Passi per diventare “normale”, Garrard dimostra a se stesso di avere ancora il cuore al posto giusto, là dove nel logo di LIA c’è solo un buco («Quel logo mi è sembrato subito strano» commenterà la madre «Il cuore era un buco, come se per guarire bastasse tagliarlo via»), ma soprattutto è la madre che riesce, osservando la sofferenza del figlio, a nutrire di nuovo quell’amore e ad accogliere la sua diversità, finché anche il padre, a discapito della propria carriera di pastore, non acconsente alla scrittura di Boy Erased con le parole più importanti che un genitore possa rivolgere al figlio: «Voglio solo che tu sia felice».