L’uomo che regalava universi

Tutti coloro che si approcciano alla scrittura professionale sanno che la strada è lunga e complicata, quando non proprio utopica.

Scrivere è un percorso lunghissimo, che non richiede solo fantasia o creatività, ma anche tecnica, consapevolezza e, soprattutto, coraggio. Sì, perché presentare la propria “creatura” a un editore, inviarla a un concorso e pubblicarla è rendersi vulnerabili. Chi non ha mai avuto timore perché convinto al 100% della bontà del suo testo o è un genio incosciente, o un inetto arrogante. O entrambe le cose.

Isaac Asimov non faceva eccezione e, prima di diventare il Padre della Fantascienza, ha avuto a che fare con le difficoltà che incontra chi decide di intraprendere il cammino della scrittura.

Ciclo dell’Impero
Ah già, indovinate chi sta continuando a sfornare raccolte bellissime dei romanzi di Asimov? Indovinate? Sì, proprio loro.

L’esordio è 1/3 talento, 1/3 creatività e 1/3 fortuna

Da The early Asimov, in cui il nostro racconta undici anni di tentativi falliti verso il professionismo, troviamo la sua testimonianza del difficile periodo da esordiente. Fu nel ’37 che:

mi sovvenne l’idea che avrei potuto cominciare a scrivere qualcosa di “professionale”, qualcosa per il quale avrei potuto ricevere del denaro! Naturalmente sarebbe stata una storia fantascientifica, perché ero stato un avido lettore di fantascienza sin dal 1929, e non riconoscevo altra forma di letteratura degna del mio “sforzo” di scrittore.

 Fu così, che cominciai a scrivere la mia prima vera storia partorita con l’intenzione di diventare uno scrittore “professionista”: era intitolata: “Cosmic Corkscrew” (cavatappi cosmico).

(…)

Il racconto era narrato in prima persona da un manicomio, dove il povero protagonista era stato rinchiuso al ritorno per aver raccontato la sua storia. Ne scrissi solo poche pagine durante il ’37, poi mi svogliai e lasciai perdere. Il solo fatto che mi ero posto l’obiettivo di pubblicarlo fu la causa del blocco: finché ciò che scrivevo era destinato solo ai miei occhi potevo lasciarmi andare ma il pensiero che migliaia (!) di lettori stessero lì a pesare parola per parola il frutto delle mie fatiche… orrore! Così l’abbandonai.

The early Asimov, traduzione di Andrea Ghilardi (2006), pubblicata per il sito: www.isaacasimov.it

Un primo fallimento, che però apre la strada all’incontro più importante della sua vita: quello con John Campbell, editore di Astounding Science Fiction. Il giovane Campbell, nonostante rifiuti il lavoro di Asimov, fiuta la grandezza nascosta nei suoi scritti e lo incentiva a continuare tanto che:

Molti anni dopo chiesi a John (di cui nel frattempo ero diventato intimo amico) perché avesse perso tanto tempo con me visto che la mia storia era veramente pessima.

«La storia era terribile» mi rispose alla sua maniera ruvida così lontana da ogni forma d’adulazione, «ma d’altra parte vidi qualcosa in te, eri così entusiasta e desideroso d’imparare che capii che non avresti mollato, anche di fronte ad altri insuccessi. Capii subito che avremmo lavorato insieme».

The early Asimov, traduzione di Andrea Ghilardi (2006), pubblicata per il sito: www.isaacasimov.it

Il resto è storia, che vedrà Asimov pubblicare il suo primo racconto con Amazing Stories: Naufragio al largo di Vesta. Ciò che, tuttavia, mi sento di sottolineare, non è tanto la forza d’animo di non scoraggiarsi, quanto l’intelligenza nel cogliere le critiche di Campbell al suo scritto. Difatti, riporta nel suo diario – e nella prefazione di The early Asimov:

“9:30, ricevuto indietro Cosmic Corkscrew con una gentile nota a proposito: Non ha gradito l’inizio lento ed il suicidio finale”. Campbell non gradì neanche la narrazione in prima persona e i dialoghi troppo impersonali, inoltre mi fece notare che la lunghezza dello scritto, novemila parole, era eccessiva per un racconto breve e inadeguata per un romanzetto. (…)

La gioia di aver passato più d’un ora parlando da pari a pari con colui che al momento era il mio idolo mi aveva comunque galvanizzato spingendo la mia ambizione a scrivere un’altra storia, migliore dell’altra da sottoporre al più presto al suo giudizio. Nella sua gentile lettera, due pagine fitte, John analizzava seriamente il mio scritto senza alcuna traccia di superiorità o paternalismo e questo mi rendeva ancora più determinato. Prima che il giorno fosse finito avevo già in mano la bozza di una nuova storia!

The early Asimov, traduzione di Andrea Ghilardi (2006), pubblicata per il sito: www.isaacasimov.it

Una questione di umiltà

Asimov non era una persona umile. Anzi, nei numerosi testi biografici e nelle sue interviste, non manca mai di sottolineare quanto fosse sicuro di sé e delle proprie capacità, al limite dell’arroganza. Addirittura, considerava il far mettere le mani sui suoi scritti una specie di affronto personale.

Questo distrugge profondamente il mio animo da editor quando vado a rileggere Cronache della fondazione e noto i buchi di trama disseminati qua e là. Per quanto il mio amore per Asimov travalichi il tempo e lo spazio, non posso fare a meno di pensare a come sarebbero potute essere le sue opere se avesse permesso a un editor di intromettersi nel suo mondo. Forse, però, non le avrei amate allo stesso modo, quindi faccio tacere il mio demone grammar-nazi interiore e continuo a tenerle nel posto d’onore della mia libreria (un intero scaffale è dedicato SOLO a lui. Lo so, è una malattia).

Idiosincrasie a parte, niente sarebbe successo in quel ’37, se Asimov non avesse avuto l’intelligenza di comprendere la possibilità di migliorarsi. Il rifiuto, invece di abbatterlo, lo galvanizzò e lo spinse a mettersi in gioco ancor più di prima. L’umiltà di accettare un consiglio da una persona più esperta e competente, e allo stesso tempo la forza di non farsi schiacciare dal proprio ego ferito, diedero vita a uno degli autori più straordinari nella storia della fantascienza.

Ricambiare il favore

Quel che ne risulta è che al momento, vi sono molti buoni scrittori che cercano di emergere nel campo della fantascienza e si trovano nella irritante condizione di vedere la cima della piramide regolarmente occupata dai soliti vecchi sorpassati che vi si sono arrampicati tempo fa, e resistono avvinghiandosi alla loro posizione grazie ai lunghi artigli deformati dall’artrosi.

Inventare un universo, in: La galassia di Asimov (Urania)

Alt. Alt. Fermi un secondo, cosa succede? In questo salto avanti nel futuro, troviamo un Asimov non più esordiente, ma ormai autore affermato. Sì, proprio uno di quelli con gli artigli deformati dall’artrosi di cui parla.

Eh già, il tempo è passato dal timido Isaac che si recava alla sede di Astounding con il suo Cavatappi cosmico. Ora Asimov è un autore affermato, una “megafirma“, di quelle che riescono a restare mesi e mesi sugli scaffali delle librerie:

Per colpa dello spazio limitato che offrono gli scaffali delle librerie (a loro volta pure in numero limitato), un gran numero di libri di fantascienza e fantasy rimane esposto per troppo poco tempo prima di esser spazzato via dai nuovi arrivi. Pochi libri riescono a restare esposti al pubblico per più di un mese senza essere sostituiti. Succede sempre, eccetto (come qualche scrittore ama aggiungere con stizza) che per le “megafirme”.

Inventare un universo, in: La galassia di Asimov (Urania)

Un quadro familiare per ogni esordiente, ma anche per gli addetti ai lavori. La bulimia del mercato del libro ha portato a pubblicare sempre più materiale, sempre più in fretta, senza dare modo ai libri di farsi scoprire dai lettori. Questa fagocitazione, necessaria a quanto pare per mantenere oliata la macchina editoriale (davvero?), ha portato non solo a un calo qualitativo in chiave percentuale dei testi sul mercato, ma anche a una “caccia al podio” e a una genuina (e parzialmente giustificata dalla frustrazione) invidia per chi sul podio c’è salito almeno una volta da parte degli autori. Ora, come allora.

Ciò nonostante, Asimov è uno di quegli scrittori troppo infastiditi dal sistema che, nonostante sia consapevole dei suoi meriti e delle fatiche affrontate per salirci su quel podio, prova un sincero timore:

(…) quello di levar spazio ai nuovi arrivati con i miei eterni universi, di opprimerli con il peso del mio nome.

Inventare un universo, in: La galassia di Asimov (Urania)

Ora, nell’introduzione a La galassia di Asimov, il nostro caro Isaac afferma che sia senso di colpa. Io penso che, per arrivare a provare senso di colpa per il proprio successo, sia necessario quel poco di empatia che permetta di ricordarsi quando ci si trovava nella condizione di esordiente. Come alcuni adulti ancora giocherelloni, che non hanno dimenticato cosa significhi essere bambini, Asimov non si è mai scordato cosa si prova a essere un esordiente, nel trovarsi davanti a un “mostro sacro”, nel misurarsi costantemente con il senso di non essere mai all’altezza, mai abbastanza.

E ha ricambiato il favore di Campbell, in nome dell’amore per la fantascienza. Come?

Per cominciare, numerose antologie sono uscite curate da Asimov, la più geniale – e la mia preferita – è Isaac Asimov presenta…, in cui ha raccolto piccoli contributi di autori esordienti, accompagnati da una sua prefazione.

In questo modo si è voluto fornire ai giovani autori la possibilità di vendere qualche copia in più occupando, si spera, gli scaffali delle librerie per più tempo.

esordi
A proposito di antologie, io non vedo l’ora di poter recuperare questa. Non ditemi che non ve la ricordate, è solo dal primo articolo sul centenario che continuo a spammarla.

Il prestito però non è solo del proprio nome. Tutt’altro, in La città dei robot di Isaac Asimov, lo scrittore permette agli autori di usare le sue leggi della robotica. Il nome di Asimov in copertina, funge da calamita e l’utilizzo della sua invenzione più geniale dopo il cervello positronico (e Susan Calvin, perché tutti dovrebbero amare Susan Calvin) permette a giovani autori di salire alla ribalta.

Regalare un universo

L’Asimov scouter non si ferma qui. E ora arriva la genialità, ma anche il picco di altruismo più grande che credo un autore possa concedere. L’idea, tuttavia, non partì da Asimov, ma dal suo collega Martin Harry Greenberg, già complice della creazione delle antologie assieme a Charles Waugh.

Invece di permettere ad altri scrittori di usare gli universi in cui avevo già ambientato delle storie, si sarebbe potuto inventare un universo completamente nuovo, e lasciarlo sfruttare dalla casa editrice che si dichiarasse interessata a pubblicare i racconti basati sulle regole che condizionavano quel mondo nuovo.

Be’, chi si cimenta nella scrittura fantascientifica e fantasy è già consapevole dell’enormità di una cosa simile. Per i profani, stiamo parlando di uno dei più grandi ostacoli della coerenza narrativa: il worldbuilding, o la creazione di un’ambientazione.

Piccola parentesi: è complicato. Complicatissimo, soprattutto se sei agli inizi della carriera. Cimentarsi con mondi nuovi, completamente inventati, può sembrare uno spasso. Chi se ne frega, le regole le faccio io, dice l’aspirante scrittore. E poi si trova a passare ore, giorni, anni, a cercare di spiegare a se stesso e ai suoi lettori come mai sulla luna di Planetoide234 c’è disegnato un cacatua fuxia.

Sapete il problema? Che se il lettore non lo intuisce e l’autore non lo sa, si infrange la regola d’oro d’ogni opera letteraria: la sospensione dell’incredulità. E allora è finita. Kaputt. Goodbye. Arrivederci e a mai più. Carriera stroncata in embrione.

Asimov fa un enorme dono: regala l’ambientazione.

Esercitatevi, dice. Usatela prefatta, imparatene le regole e giocateci. Nessuno vi biasimerà se sbagliate, perché non è vostra, ma intanto vedranno che scrivete bene, che avete fantasia. E imparerete a usare questo mondo e usandolo ne scoprirete le falle e le colmerete. E allora saprete scorgere i buchi, le incongruenze, anche nel vostro quando lo creerete.

Di questo universo creato da Asimov, purtroppo usufruirono solo dei grandi nomi e pochissimi autori emergenti.

Il motivo, non me lo spiego, né credo se lo sia mai chiesto Asimov che morì due anni dopo la pubblicazione del primo volume dell’antologia. Per quanto mi riguarda, è un regalo magnifico: una rete di sicurezza per scrittori in erba che vogliano maturare, consapevoli dell’essere acerbi ma pronti a rischiare.

Oggi, una cosa del genere si chiama fan fiction, è gratuita per lettori e autori e tutti ne possono usufruire. All’epoca, Asimov le dava dignità letteraria e cercava pure di fartici guadagnare.

Ma quello era Asimov, il Padre della Fantascienza. E l’amava talmente tanto che ha cercato di liberarla dal peso del suo nome.

Così ha regalato un Universo.